La drill è la storia di un genere che ha molteplici versioni.
Tempi radicali necessitano di suoni radicali.
Accettare che determinati atteggiamenti siano il frutto del deserto politico e della conseguente chiusura della socialità elude da ogni tipo di moralismo, dovrebbe percepirsi come un obbligo.
Eppure, la facilità con la quale si addita il diverso, il lontano, rimane una costante. Specialmente se chi la impugna è nettamente più maturo di chi la rivendica.
La periferia – come tutto quello che spaventa - è identificata il più delle volte per quello che è, non per quello che le manca e spesso si ha la pretesa di volerla spiegare. Ma come si può spiegare qualcosa a qualcuno che la vive più visceralmente di noi?
Se pensassimo alla distanza dal centro come direttamente proporzionale alla disillusione verso le promesse del sistema, qualche voce ci parrebbe sicuramente più chiara.
Prima del 2016 in Italia la drill non esisteva. Mi correggo, se ne parlava in maniera unilaterale: era qualcosa di violento, insensatamente brutale.
Ma per andare oltre quei titoli clickbait generalisti bisogna partire dalle origini e due sono state le città madre di quello che senza azzardo sarà il genere del futuro.
Lontano dalla Michigan Avenue c’è uno tra i quartieri densamente più popolati d’America, un numero talmente alto di afroamericani da poter parlare senza remore di segregazione razziale. Intorno al 2010 le strade di questi sobborghi hanno iniziato a sentire un nuovo rap, qualcosa di strumentalmente molto simile alla trap, ma con un’intensità tale da non lasciare indifferenti.
Un anno più tardi arriva “Bang” e tentare di spiegare cosa sia la drill diventa indispensabile.
Keith Cozart, meglio conosciuto come Sosa e ancora meglio come Chief Keef incide un successo dopo l’altro; i primi mixtapes e in particolare “Back From The Dead” diventano virali a tal punto da incuriosire le major, Interscope (Universal) gli offre un contratto firmando così un successo locale immediato.
Ma chi meglio di Kanye West può imbastire un novizio? E così un remix è sufficiente per proiettare la musica di Cozart in tutti gli Stati Uniti.
Insieme a lui Lil Durk, Lil Reese, Mouse – forse il più giovane, tredici anni appena – e Fredo Santana, cugino di Keef, pubblicano in appena un paio di anni una quantità enorme di singoli e album, guadagnandosi l’attenzione dell’interno music business mondiale.
Non si tratta quindi di un genere da intendere come semplice sostituto del gangsta rap, ma di un fenomeno con una propria identità tanto forte da influenzare l’immaginario di artisti più distanti in questi ultimi dieci anni, oltre i confini della Chi-Town.
La storia del trasporto del genere nel Regno Unito è forse un po' più complicata da intendersi e quella sulla quale più testate non smettono di puntare.
Londra è una capitale che contiene moltitudini. Eppure, su di un treno diretto verso posti come Elm Park o Walthamstow quell’opulenza architettonica viene rimpiazzata facilmente dai blocchi delle case popolari.
La uk drill è parente dell’omonimo sound di Chicago: gli artisti sono giovani (Chief Keef qui ha il nome di Loski e il suo singolo di debutto esce a sedici anni, stessa età in cui Sosa firmò il contratto per l’etichetta), il sound è ugualmente cupo e si alimenta dalla stessa realtà marginale americana.
Questi video hanno fatto in modo che quotidiani come il Times o il Mirror cucissero addosso al genere l’appellativo di musica demoniaca, atta ad incitare la violenza e soprattutto fattore decisivo per l’aumento di omicidi su commissione.
«Gli omicidi che affliggono Londra e altre città del paese sono direttamente collegati alla drill music, un genere ultra violento che si sta diffondendo sempre di più nel Regno Unito».
C’è poco spazio alla manipolazione in questa frase pubblicata sul Times, alla quale segue un elenco di rappresaglie tra gang nate in musica, cresciute sui social e finite in strada.
«Nei video le gang si provocano, parlano di cosa hanno intenzione di fare e dei rispettivi bersagli» ha dichiarato a LBC Radio il commissario della polizia metropolitana di Londra. Scotland Yard ha richiesto ed ottenuto la rimozione da YouTube di 30 video ricollegati alla scena drill, oggetto di perizie ed indagini vere e proprie in quanto riconducibili ad effettive aggressioni tragicamente concluse (particolare attenzione destò un caso del 2018).
Sovrapposizioni che si muovono tra verità e panico morale.
Per quanto la drill raffiguri con linguaggi e dipinti visivi qualcosa di spesso borderline, non fa dei milioni di ascoltatori papabili portatori di violenza.
E, se si vuole andare un po' più a fondo, indagando quella domanda a tratti stereotipata che recita “è la musica ad influenzare il contesto sociale o il contrario?”, ciò che si delinea è una realtà decisamente più ampia. Indipendentemente dal problema percepito, dai mezzi entro i quali viene veicolato (che è sempre giusto vagliare), il cerchio si stringe intorno all’assenza di possibilità. Quando l’austerità cresce, nella stessa misura aumenta il crimine.
Si può dire che a tutti gli effetti – in un’ottica più internazionale – la drill sia scoppiata lo scorso anno. Irlanda, Australia e Germania hanno accolto in prima linea il genere più di ogni altra nazione.
Drake, ovviamente, non si è sottratto all’azione e “War” insieme ad AXL Beats è la prova di quanto lungimirante possa essere, benché sia uscita solo un paio di mesi fa.
Ritracciando il percorso di crescita della drill però, è impossibile non citare Pop Smoke.
Pop è tutto quello che nell’immaginario collettivo è Brooklyn e la sua ascesa è stata rapidissima. Nel 2019 esce il primo mixtape “Meet The Woo” e il singolo di lancio diventa una hit da milioni di stream.
Skepta e Nicki Minaj decidono di remixare il pezzo e lui diventa davvero il Jackboys di Travis Scott.
Pop non è l’unico artista a portare la drill ad un livello tanto alto; Sheff G, Fivio Foreign e Smoove’L sono il presente del genere, ma nessuno quanto lui lo ha reso così mainstream.
La sua miscela alla 50 Cent decisamente tanto uk merita una menzione di diritto, in quanto promessa davvero incompiuta.
E come la storia di Pop, giovane è anche quella del genere che quest’anno non potrà che imporsi ancora di più, regalandoci altrettanti talenti.
Ecco quelli che secondo noi dovreste tenere d’occhio: