Abbiamo parlato di tempo, relativismo, pubblico e identità con Mezzosangue.
Mezzosangue. Un nome che nella mente di ognuno di noi genera immagini e pensieri diversi. Molti pensano subito al passamontagna, capo identificativo del rapper romano, alcuni al livello di introspezione che caratterizza i suoi testi e altri ancora, invece, alla sua presenza fugace ma significativa nella scena musicale italiana. Dietro tutto questo c’è anche una persona reale, Luca Ferrazzi, che emerge in maniera ponderata e consapevole.
Dopo il lungo periodo di assenza nel panorama musicale, in occasione della recente certificazione come disco d’oro del suo secondo album, “Tree - Roots & Crown”, e in vista dei progetti futuri abbiamo deciso di incontrarlo per sapere a che punto è nel suo percorso.
La nostra videochiamata parte da una domanda scontata, ma per nulla facile. Gli chiedo semplicemente come sta in questo periodo: non sono interessato solo a Mezzosangue, bensì anche a Luca.
“Come Luca sto facendo tante cose, attualmente sono in fase di strutturazione di diversi progetti che saranno poi resi pubblici e che avranno tutti modo conoscere. Come Mezzosangue la situazione è parallela a questo discorso: porto avanti “Hurricane”, il progetto che avevamo iniziato, un progetto difficile che ci darà belle soddisfazioni. Il mio disco nel frattempo corre parallelo a tutti questi progetti”.
Soddisfazione. È difficile definire realmente cosa lo sia e spesso il raggiungimento del disco d’oro può assumere questa parvenza; gli chiedo cosa ha significato per lui la certificazione di “Tree - Roots & Crown” e come ha vissuto questo traguardo. Luca si ferma qualche secondo, in cerca dei termini adatti, e mi risponde:
“La certificazione al giorno d’oggi ha una doppia valenza; un significato importante ma funge anche da garanzia. “Soul of a Supertramp”, ad esempio, ha raggiunto numeri rilevanti, ma non è stato possibile certificarlo perchè non è uscito in canali specifici. Sicuramente però la certificazione è un messaggio, ed in quanto tale ha un valore. La certificazione di un disco come “Tree”, massiccio e di un certo peso specifico, significa che c’è qualcosa, in questo caso possiamo definirla credibilità, che attira attenzione sul progetto. È un messaggio anche per il mercato, volendo essere materialisti, ovvero che la credibilità ha un suo spazio” interrompe ancora una volta il suo flusso di parole, riflette su una una sua teoria e poi me la espone:
“Secondo me ci sono due strade che andranno ad incontrarsi per forza: quella dell’estetica, della bella musica nel vero senso della parola e quella della credibilità. Queste due strade devono incontrarsi e ovviamente ognuno nel suo percorso cerca di raggiungere questo incrocio. Non dico che sia facile ma ognuno cerca di mettere insieme queste due strade”.
La teoria è interessante, ma prima di svilupparla ulteriormente vorrei chiedergli, in merito ai canali di “Soul of a Supertramp”, se ha dei rimpianti o se, ad oggi, rifarebbe tutto allo stesso modo.
“Questa è un bella domanda” inizia Luca, “C’è sempre uno sguardo al passato però non posso dire di essere insoddisfatto, soprattutto visti i risultati dei live. Le persone che mi seguono sono molto presenti alle date, alcune le ho viste davanti al palco in sette/otto date diverse, venivano a Napoli ed il giorno dopo a Milano. Questo dimostra la credibilità del progetto, una persona ci si affeziona in maniera viscerale” conclude lui, con una nota di orgoglio verso il suo pubblico.
Il pubblico. Ogni artista crea con i propri ascoltatori un legame unico, irripetibile ed inimitabile. Quello tra Mezzosangue e la sua fanbase è uno dei più complessi da illustrare. Lui lo ha fatto un po’ con il video del brano “Parlami” e proprio da questo sorge il mio quesito riguardo a quell’esperienza:
“Io ho questo rapporto profondo con i miei fan, ma c’e una divisione nel pubblico: da una parte ci sono quelli che comprendono il tuo linguaggio, che digeriscono più in fretta un brano, dall’altra, invece, quelli che non lo parlano, per i quali un messaggio non è di facile comprensione, o comunque non è diretto a loro e non hanno il quadro totale della cosa. In “Parlami” ci sono tutte persone che parlano la mia lingua. Questa cosa la vedevi anche dietro le quinte, perchè noi parlavamo uno a uno, avevano modo di dirmi delle cose, esce sempre un lato molto intimo. Tante volte a me scrivono dei messaggi molto intimi, diventa un rapporto importante, confidano fatti molto personali. Parlami era la raffigurazione estetica, in video, di quel discorso. Personalmente è stato anche impegnativo, hai sempre quella distanza perchè non sono persone che conosci, per cui da una parte c’è il conforto di sapere che quelle persone considerano la tua musica intima, dall’altra parte c’è Luca che è uno sconosciuto, che non sanno quello che vivo io”.
Guarda qui il video di "Parlami (One 2 One Live Experience)":
Mezzosangue mi dà l’impressione di vivere in modo molto profondo ogni suo brano. Sono incuriosito da quanto si senta cambiato dopo un disco come “Tree”, quindi glielo domando e mi risponde:
“Sicuramente sono molto diverso come persona, cerco sempre di limare alcuni lati nel percorso umano, allo stesso tempo di accentuarne altri e portarli avanti. Questo si riflette sicuramente anche nell’arte, nel percorso musicale quello che è importante è che la musica abbia anche un’utilità, che sia un po’ l’accompagnatrice nel percorso, lo specchio del cambiamento” mi rivela, ne approfitto per scoprire se è solo un specchio o anche una chiave per il cambiamento. Mi risponde ancora:
“Guarda questo è un discorso con cui mi scontro spesso, infatti è una buona domanda. Può essere sia una chiave di trasformazione che ti fa comprender qualcosa e anche uno specchio della tua trasformazione. La difficoltà è capire dove quei messaggi sono diretti a te stesso e dove ad altri. Nel momento in cui capisci in quale direzione prendere un messaggio che tu stesso hai scritto, perchè a volte è difficile capire anche quello che scriviamo” ride. Poi continua “quando riesci a fare questo riesci a capire se è una chiave o uno specchio, tante volte è entrambe nel senso che specchia te stesso e grazie allo specchiarti riesci a trovare la chiave di trasformazione”.
La scrittura, l’elemento fondamentale di ogni artista che si esprime con le parole. Vorrei che me ne parlasse e gli suggerisco alcuni temi da cui partire; la decisione di cosa dire, il periodo di inflazione musicale che stiamo vivendo ed i ritmi di pubblicazione che adotta.
“Volendo essere romantici, il bello della scena adesso è che c’è così tanta proposta che le due strade di cui parlavamo prima, la credibilità e l’estetica, devono incontrarsi. Quella della credibilità che si basa su quanto riesci a coinvolgere le persone nel tuo linguaggio, quanto riesci ad essere originale, non solo nel gusto, ma anche nel testo. Secondo me da una parte è una fortuna che ci sia stata questa inflazione e che ci sia ancora, perché obbliga ad un incontro, obbliga gli artisti ad incontrare da una parte l’aspetto estetico della musica, che è fondamentale, e dall’altra il discorso della credibilità e del percorso artistico. Queste due strade quando si incontrano creano un punto fisso di un’artista, una meta ed un raggiungimento di uno status, secondo me questa cosa è importante perchè anche a livello internazionale lo vedo. Tanti artisti che magari fanno dei pezzi che musicalmente sono molto interessanti possono non avere quel riscontro a livello di credibilità. Invece quando trovi tutte e due le strade unite è sempre un valore aggiunto. Bisogna sempre trovare un punto di incontro tra le due cose e mantenere entrambe le vie insieme. Una non può mancare dall’altra”. Questa volta sono io a fermarmi a pensare sull’importanza di ciò che appena detto Luca. Gli domando se, personalmente, pensa di aver raggiunto questo incrocio o ci sta ancora lavorando.
“Sto lavorando per il futuro, essendo anche un percorso umano, come ti dicevo, la cosa importante è riuscire ad essere un equilibrista, devi saper stare in equilibrio tra le due cose, per me è un percorso che prima è umano poi artistico. Umanamente ci sto ancora provando spero di arrivarci anche musicalmente quanto prima” mi confessa.
Ora che ho capito in che direzione vuole andare Mezzosangue sono intenzionato ad approfondire dove è stato negli ultimi anni; come ha vissuto il periodo pandemico e cosa pensa della situazione sociopolitica in cui ci troviamo. Gli chiedo come tutto questo influisca anche sul suo spirito artistico ed inizia prontamente il suo racconto:
“Io a marzo 2020 ero in montagna, in Umbria, e stavo scrivendo per il disco, l’ho vissuta meno del previsto perchè dove stavo io non c’era proprio nessuno, solo boschi. Non è stato cosi pesante anche perchè mi dedicavo alla parte creativa. Quando sono tornato a Roma però mi sono reso conto maggiormente del cambiamento. Ho realizzato anche che ormai tra le notizie, le fake news, la musica e le proposte cinematografiche è tutto inflazionato. Il problema è sapere bene quando si parla dove andare a parare e cosa si vuole dire, perchè se si butta qualcosa nel calderone mediatico si perde, diventa sempre qualcosa di perso di aggiuntivo” analizza Mezzosangue attentamente, “È un po’ quello che abbiamo visto durante il Covid, chiunque parlava di qualcosa, chiunque dava la sua opinione e alla fine diventa facile perdere i punti di riferimento, diventa facile non trovare più, neanche personalmente, le cose a cui aggrapparsi e credere” commenta, un attimo prima di condividere una riflessione sul relativismo che affligge la nostra società.
Ascolta qui "God Bless Ignorance":
“Un po’ è anche il relativismo storico in cui ci troviamo, che è secondo me figlio di un processo che viene da molto prima. Siamo arrivati ad un momento in cui è tutto giustificabile, è tutto negabile e tutto fa parte di un calderone, l’ho detto anche in “God Bless Ignorance”, c’è tutto questo flusso mediatico che rischia di portare ad un relativismo umano. Come diceva Bauman: una società liquida, dove non ci sono punti di appoggio, prima personali e quindi poi sociali, o viceversa. Perchè la società è sempre uno scambio” dichiara, suggerendomi il prossimo spunto: qual è il suo ruolo in tutto questo?
“In “Tree” ho cercato di affrontarla in diversi modi ma poi personalmente evito di farlo al di fuori della musica, cerco sempre di dosare post e interventi, specie in un momento del genere. Per me è stato difficile perchè avevo sempre voglia di dire qualcosa, di dire la mia, però evito perchè finisce in un calderone mediatico e da solo meno importanza alle parole e ai concetti stessi, perchè adesso una notizia dura tre ore e quelle che durano tre giorni sono dei boom mediatici estremi, che tante volte sono anche cavolate. Se posso evito e lo faccio con la musica però tante volte anche per il discorso che facevamo prima è difficile mediare tra la pesantezza e il discorso che diventa retorico e sembra anche musicalmente pedante” conclude Luca.
Quello esposto da Mezzosangue è un concetto su cui spesso, negli ultimi mesi, mi sono fermato a ragionare. Condivido il pensiero sul calderone, ma allo stesso tempo penso che non fare niente sia ancora peggio, quindi mi confronto con lui su questo problema:
“Certo certo, ma il problema è proprio quello, è fresca come questione anche per me. Però non riesco a capire dove effettivamente un intervento mediatico o anche personale in un periodo storico del genere contribuisca alla perdita di appigli o dove in realtà educhi. Il vero problema di adesso è questo, che tante volte mi trovo con persone che alla fine buttano il discorso sul relativismo, qualsiasi tipo di discorso diventa “eh si ma tanto tu che ne puoi sapere”. Siccome la gente è bombardata di questi concetti ha bisogno di parole leggere, di parole che non hanno significato perchè passano. Non riesco a capire dove sia meglio l’assenza e dove sia necessario intervenire. Molte volte sono tutti contro tutti, ci sono tantissime cazzate e tantissime cose che hanno senso e si interviene nelle cazzate nella stessa misura in cui si interviene nelle cose che hanno un senso. E quindi tutto diventa un minestrone culturale, diceva Celestini. Però credimi è una cosa con cui faccio a botte quotidianamente”.
Anche questa volta mi fermo a rimuginare su quanto detto da Mezzosangue e non posso non essere d’accordo. Ma mentre io e Luca siamo qui a parlare di tutto questo, la scena rap a che punto su queste tematiche? Ha ancora senso che gli artisti provino ad alzare la voce su certi argomenti, o la situazione è ormai irrimediabile? Provo a farmelo raccontare da lui:
“Ha comunque sempre senso, questa situazione in particolare darà qualcosa, sta già succedendo se guardiamo bene. Qualche deviazione c’è stata, persone che tornano verso una credibilità, qualcosa di socialmente rilevante. Tanti artisti cercano di spostarsi, non voglio dire che l’hanno fatto però sento un tentativo. Ovviamente questa cosa, tornando al discorso del relativismo, non è facile”.
Nella mia mente prende immediatamente forma un urgente interrogativo: Mezzosangue in tutto questo dove si colloca?
“Il problema è che io spero di essere già vecchio per fare una cosa del genere” ride, “non voglio declinare ad altri, però tante volte un percorso artistico non può passare per gli stessi punti, non si può ripetere. Magari c’è modo e modo di riuscire ad argomentarli, in questo mi sento comunque sempre me stesso, non posso scappare da quello che sento penso perchè è un bisogno” termina Luca in modo esauriente.
Procedo, chiedendogli com’è nato il featuring con Nayt, unico intervento di Mezzosangue nella scena durante i tre lunghi anni di assenza, e se tra i giovani emergenti c’è qualcuno che trova interessante.
“L’assenza dalla scena era per evitare di buttare benzina sul fuoco in un periodo del genere. Con Nayt, invece, ci siamo incontrati in studio e abbiamo cominciato a parlare, ci siamo trovati personalmente, perchè stavamo vivendo un percorso simile. Nayt sta facendo un suo percorso umano oltre che artistico, ed è per questo che ho voluto collaborare nonostante fossi fermo da tanto. Quella collaborazione, tra l’altro, mi ha fatto accorgere che ciò che musicalmente stavo sperimentando funziona. Il pezzo è piaciuto e l’unica critica che ho sentito è che era breve quindi diciamo che è positiva come cosa. È stata la conferma che la sperimentazione non è un problema, io cerco la mia estetica personale e mi sono affacciato in quel modo sull’opinione del pubblico.” mi dice, prima di concludere la risposta alla mia domanda;
“Per quanto riguarda gli artisti nuovi devo dirti che io ascolto molta musica estera, penso che mi sto perdendo sicuramente qualcuno di interessante. Nonostante questo ho trovato alcuni artisti emergenti che mi piacciono. Non voglio declinare il discorso però ho molta fiducia nella nuova generazione”.
Ascolta qui "Lividi" con Mezzosangue:
Non posso non chiedergli quali sono gli artisti internazionali che ascolta, anche per capire quali sono le sue influenze attuali in vista dei futuri progetti. Mi risponde prontamente:
“Sto ascoltando molto Sevdaliza, Asap Rocky, Kendrik, J Cole, Grandson. Tante volte fuori trovo l’ispirazione, è anche più facile da digerire una cosa estera, ti senti per meno coinvolto e non è nel tuo contesto più stretto” prosegue, spiegando altri dettagli “Sono artisti che trattano molti argomenti importanti e lo fanno con quell’equilibrio che ti dicevo. Trovano il modo di farlo con un certo stile”.
Provo a scoprire maggiori indizi sui suoi progetti futuri, chiedendogli se prevede di includere alcuni degli emergenti che ha scoperto anche nel suo disco.
“Lo sto facendo, la cosa ancora non è ufficiale quindi non posso dirti niente. Però ci sono un paio di emergenti che ho cercato di coinvolgere nel disco. A parte il discorso di Hurricane che ha emergenti al suo interno, ma anche quelli che ho selezionato io personalmente nel mio disco. Mi piacerebbe coinvolgerli, sia per dare esposizione in più ma principalmente perché musicalmente mi piacciono”.
Incuriosito dalla sua piena consapevolezza del prossimo progetto e dalla grande cura dedicata al disco in cantiere, gli domando se ci sono dei film o serie, magari guardati durante il primo lockdown oppure ora, che influenzano il suo spirito creativo.
“Ai tempi veramente pochi, per ovvi problemi di connessione. Ora invece per quelli che c’entrano col disco non posso dirvi niente perchè spoilererei il concept del disco” risponde mentre ride e protegge il suo lavoro.
Rimanendo sempre in campo cinematografico e ricollegandomi al video di “Ologramma”, realizzato in collaborazione con Green Peace, vorrei sapere cosa ne pensa dei recenti documentari “Seaspiracy” e “Cowspiracy”, oltre alla sua posizione sulle problematiche ambientali. Luca mi risponde:
“Dal punto di vista personale la vivo in prima linea. Ognuno cerca di fare il suo, io lo faccio con la musica, che dà un certo tipo di attenzione, evitando che finisca nel calderone mediatico. La cosa importante è considerarsi parte fondamentale di certi discorsi. Ti rendi conto di quanto quotidianamente sia difficile però ti rendi conto di quanto sia necessario spingere il mercato più che i media, che poi in realtà contribuiscono significativamente, ultimamente si parla molto di “Seaspiracy” e “Cowspiracy”, i quali intervengono entrambi. Io lo faccio con la musica e cerco di dare la mia chiave di lettura della cosa. Quella di “Ologramma" è una chiave di lettura particolare perchè passa per il concetto dell’ologramma stesso e della fisica quantistica. Però è un’altra giunta ad un percorso necessario”.
Guarda qui il video di "Ologramma":
Il discorso sul mercato mi lascia con molti dubbi: è inevitabilmente in continua evoluzione e questo rende sempre più difficile stare al passo con tutto quello che succede. Un artista come Mezzosangue, che è solito far passare molto tempo tra un’uscita e l’altra, come vive questo aspetto?
“In sociologia si studia che un sistema aperto sopravvive ed uno chiuso muore, c’è sempre uno scambio tra quello che c’è dentro e quello che c’è fuori. Non bisogna credere che ci sia qualcuno estraneo a questo fenomeno e che non possa essere coinvolto nel cambiamento. Io in questo cerco sempre di sentire la mia necessità personale, quello che istintivamente sento non sia scontato. Per esempio una persona coinvolta nel mercato mi ha detto che io ho fatto bene a capire che quello dell’ambiente sarebbe stato il trend giusto da cavalcare, ma la differenza è che io non ho pensato che sarebbe stato un trend da cavalcare. Umanamente lo ritenevo giusto poi una volta esternato ho potuto posizionarlo all’interno della situazione sociale ma è prima umanamente che viene la cosa. L’errore più comune è credere che quello che si sente non è reale. La cosa che cerco di fare è sentire quello che mi chiama l’istinto e poi portarlo fuori” mi spiega Luca riflettendo sul suo stesso percorso.
Il nostro incontro è ormai giunto al termine, ma ho tempo per un’ultima domanda: “Da quanto stai lavorando al disco e quando dovremmo aspettarcelo?”
Mezzosangue ride ancora una volta. Riflette qualche secondo e formula la sua risposta finale:
“Potrei dirti tre anni come “devo ancor iniziare”, nel frattempo sto portando avanti anche il mixtape, che è difficile da organizzare. Oggettivamente però è circa un anno e mezzo che ci lavoro. Considerando anche la mia indipendenza discografica sto cercando di mediare per togliermi quello che è pratico e dedicarmi solo al creativo. Sulle tempistiche non mi espongo visti i precedenti, a tempo debito si saprà tutto”.