Estero

"Kirk" è il manifesto di DaBaby

Ha ottenuto successo per molte ragioni, ma il suo fascino è quanto riesca a suonare senza sforzo.

Articolo di
Camilla Castellan
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2019

Baby Jesus è la personificazione rap di un episodio di The Fresh Prince of Bel-Air ambientato nella Playboy Mansion, condito da quella serie di fantasie alla Stifler che almeno una volta nella vita tutti abbiamo abbozzato nella mente. Questa irriverenza plastica è accompagnata da una consapevolezza artistica – ancor prima che personale – più unica che rara. E dal 2015, anno di NonFiction, primo mixtape che sopravvive ancora su YouTube, tutto è stato incredibilmente coerente; fino ad oggi. Fino a Kirk.

È uscito il 27 settembre ed è stato una vera e propria rivelazione.

Lo storytelling di DaBaby e Reel Goats

DaBaby ha una storia particolare, relativamente recente ma già costellata di successi. Alle spalle ha 7 mixtape ufficiali usciti tra gennaio 2017 e novembre 2018 ed ascoltandoli ci si fa un’idea di come questa fama sia motivata. Baby nasce molto prima di questo 2019 fatto di certificazioni, è un personaggio / alter ego che si sviluppa tra le sonorità di Charlotte, con riferimenti musicali ben precisi e capace di sfogare quel vorticoso mondo interiore attraverso dei veri e propri racconti visivi.

Fin da subito il tratto distintivo per eccellenza è stato il binomio testo / video, non sempre logico o curatissimo – “Walker Texas Ranger” è il primo video pubblicato dopo l’uscita di Baby On Baby e non sembra avere alle spalle un budget spaziale, ha un che di amatoriale che sposa perfettamente l’intendo del video – ma fuori dai soliti schemi. È assurdo ed esagerato come un vero intrattenitore eppure condensa in tre minuti una quantità di idee invidiabile, anche dal punto di vista lirico.

Quest’arma comunicativa naturale ha trovato una felice connessione con Reel Goats, la troupe di regia composta da tre uomini su cui DaBaby fa affidamento per portare la sua visione sul piccolo schermo. Insieme ideano trame selvagge spesso influenzate dal taglio comico delle sitcom anni ’90 e creano alter ego della personalità di Baby tanto affascinanti ed estremi da essere più verosimili che mai.

“L’eccitazione e l’energia nei video di DaBaby sono un riflesso di ciò che accade durante le riprese”.

È così che in una intervista a Complex Reel Goats descrive l’approccio che sta alla base dei contenuti che animano. Tutto ciò che li diverte viene enfatizzato attraverso una libera associazione di idee del rapper ed aggiustato da quello che definiscono istinto.

Caso vuole che il più delle volte finiscano ad immaginare una sorta di gangsta party dove ci sia lo spazio sufficiente per divertirsi senza ricalcare alcuna negatività, teoria che applicano anche sul set a detta del regista: “ Se c’è n’è una ce ne liberiamo. E se le persone non ci piacciono per il nostro modo di agire, è come dire ‘Fantastico, vai. Non abbiamo bisogno di gente che non voglia far parte di questo’ ”.

“Suge” sarebbe diventato un successo da 155 milioni di visualizzazioni anche in mute mode: lo stacchetto che accompagna tutto il video non poteva che diventare virale e con i versi I'm the type to let a nigga think that I'm broke / Until I pop out with a million (I pop) ci stava anticipando cosa sarebbe successo con il secondo album.

J Cole = DaBaby

Ognuno ha il proprio mentore, il mio è J. Cole. È evidente allora perché DaBaby mi abbia convinto ancor prima di pubblicare Kirk.

“Under the Sun” rappresenta il momento splendente in una serie impressionante di apparizioni che gli hanno conferito il titolo di Rookie of the Year del rap nel 2019. La traccia, con un campionamento soul meraviglioso, si apre con Cole impossibile da descrivere e con una sorprende, ma non accreditata voce di Kendrick Lamar (I woke up for some money, aya, lil’ bitch / Too many opps in here, tell me who you with) che già annoverano il pezzo in quelli da manuale, dove DaBaby offre una delle migliori strofe della sua carriera.

Il video poi è così semplicemente hip hop da far venire i brividi.

Migliori tracce da non protagonista

Nonostante DaBaby non sia sulla scena da molto tempo, è difficile mettere in riproduzione una heavy rotation 2019 senza che ci sia il suo nome in mezzo. Letteralmente.

Jonathan ha lavorato con tutti, da YG a Chance The Rapper, a Lil Nas X fino a Post Malone e in ogni feat è quasi riuscito ad eclissare il protagonista. In pochi mesi è passato da essere una star locale a diventare uno dei cavalli vincenti della stagione, ed ha appena iniziato.

In “Baby” DaBaby batte Lil Baby. Dopo che Lil apre il brano con i suoi soliti ganci, DaBaby si sposta su un piano più audace, confrontando la sua etichetta Billion Dollar Entertainment con l'impero dei Bad Boy Records negli anni '90.

Altro pezzo discusso specialmente in merito alla posizione presa nei confronti di 6ix9ine, è "Stop Snitchin" in collaborazione con YG: qui Baby rappa per un minuto scarso, ma la forza della sua penna viene fuori tutta.

Un brano particolarmente riuscito è "Cash Shit" e segna la prima collaborazione con Megan Thee Stallion. Si capisce bene com’è che entrambi sono presenti nella XXL Freshman Class: si completano a vicenda con versi altrettanto volgari e pungenti, ma Baby offre un versetto – sfacciato e spaccone – memorabile.

Il distacco di capacità evidenti e meramente rap si nota tutta con “Enemies” che se non fosse per DaBaby sembrerebbe una come le altre dieci canzoni dell’album di Post. Qui la personalità carismatica di B ruba completamente la scena e relega a Malone il margine pop della traccia, mostrando comunque il proprio potenziale (discografico) oltre i generis più strettamente HH.

Il carosello di nomi sembra infinito, all’appello mancherebbero Gucci Mane, Young Boy NBA, Lizzo e Chance The Rapper. “Hot Shower” è forse quella più interessante tra le ultime menzionate perché accostarsi ad una personalità come quella di CTR non è facile, nel suo ultimo disco poi ancor meno. The Big Day è un universo personalissimo, costruito minuto per minuto da un’identità tanto definita che poco si presta ad essere avvicinata a quella di Baby. Invece l’esperimento risulta più che riuscito (effettivamente un flop firmato Chancelor Bennett è un ossimoro) e dal minuto 2:45 non sai più come sentirti.

DaBaby AS (avanti Suge)

Baby on Baby ha successo per molte ragioni, ma parte del suo fascino è quanto Baby suoni senza sforzo in tutto. L'intero disco è così esattamente in sintonia con i suoi punti di forza da sembrare scritto senza difficoltà alcuna, in maniera disinvolta e naturale.

Ha raggiunto la posizione n° 7 nella Top 200 Billboard, è stato certificato disco d’oro e “Suge” prima di fare platino è stata tra le prime dieci nella Hot 100 Billboard.

“Baby Sitter” sembrava la traccia sulla quale puntare tutto, era il colpo sicuro del progetto con la collaborazione di Offset, ma “Suge” lo ha consacrato davvero: ha trovato risonanza per le strade, negli spogliatoi NBA e su Instagram (tantissimi artisti l’hanno ripostata o cantata).

DaBaby PK (post Kirk)

In Kirk tutto appare più calcolato invece.

È il compromesso del mondo delle etichette, ma Baby riesce comunque a fare la differenza e a gestirla meglio di tanti colleghi. Sa quante parti rappate devono esserci per non spaventare la fanbase che lo segue dal primo mixtape, coccola i mainstream con qualche aggancio che suona già radiofonico e riesce, in una sola strofa, ad esprimere sentimenti contrastanti mantenendo il focus di portarsi a casa il pezzo ed il successo.

Kirk è la conferma di questa innata capacità.

La profondità di Kirk

Prima di questa uscita l’uomo dietro al bambino era un mistero. Oggi in quel comprensorio di auto-celebrazione ed euforia si intravede anche il DaBaby intimamente consapevole.

Generalmente le possibilità che si aprono dopo un successo tale e prima di un disco come Kirk sono due: o l'artista asseconda le aspettative del pubblico e si lancia sulla rete di collaborazioni necessarie per realizzare il successivo album con maggiore probabilità di successo (la trilogia Rodeo – Birds – Astroworld cerca di essere il più demografica possibile), oppure tenta di calibrare il lavoro fatto fin ora per risultare appetibile sì, ma non snaturandosi (quello che hanno fatto i Migos in Culture, per esempio).

In Kirk coesistono entrambe le intenzioni.

In brani come "Bop" e "Off the Rip", Kirk dipinge DaBaby come un supereroe maleducato e potente che potremmo vedere in una serie alla The Boys, ma pur non abbandonando il suo alter ego ci mostra di più. L'album è infatti dedicato al padre (agli affetti più in generale), deceduto in primavera e lontano dal figlio: "Intro" ne è un racconto minuzioso e delicato. Nuovo.

Analisi delle tracce

Le barre passive - aggressive accompagnano staccati melodici e giocosi (un po' alla Ludacris e un po' Busta Rhymes) portando sulla base un Kirk al quale non siamo abituati. Sebbene questo disco sia spesso emotivo, non mancano quei sintetizzatori ripetitivi che ci ricordano il flow incalzante e i tecnicismi sempre riusciti.

“Intro” è una dichiarazione pura. Kirk si sta misurando con il mondo ora più che mai e lo mostra in maniera disarmante, la stessa che era sottesa in Baby On Baby e che ti porta a chiederti cosa potrebbe realizzare se un’onestà tale fosse la regola piuttosto che l’eccezione.

“Off The Rip”, “Vibez” e “Prolly Heard” hanno quella batteria di suoni e bassi che richiama la vecchia gloria “Suge”, sovraffollandola di citazioni satiriche ancora più pungenti e divagazioni alla figlia.

Ma le due personalità di DaBaby coesistono perfettamente in “There He Go” dove le esplorazione emotive di Kirk incontrano la cadenza di Baby, bilanciandosi benissimo.

I feat, per quanto sia ironico pensarlo, non credo rientrino nei punti forti del disco. Ed è strano perché l’ausilio di collaborazioni dovrebbe fortificare il successo di un artista, ma Baby è straordinariamente capace in questo e da solo. La traccia con Nicki Minaj non è una di quelle che salvi in playlist ed il ritorno dei Migos – tutti e tre questa volta – regge con difficoltà il confronto 3 a 1. “Raw Shit” è comunque un pezzo che suona come deve: l’808 è il giusto accompagnamento di quell’arroganza per la quale DaBaby si è fatto conoscere.

Un feat interessante è quello con Kevin Gates, straordinariamente musicale che guarda in maniera consapevole la sua ascesa prima delle possibili recriminazioni radiofoniche. Ma niente è nel disco come “Gospel”.

Il ritmo prodotto da JetsonMade è ipnotizzante, ma morbido ed accompagna un flusso di coscienza che riprende il filone di “Intro”. Baby torna a parlare del padre mentre CTR, Gucci Mane e YK Osiris lo accompagno descrivendo il loro personalissimo rap game.

I lost my daddy the same week that they lost Nipsey (Nipsey, yeah) / Ain't got no love left in my heart, my shit be empty (Empty, yeah, yeah)

Questa versione di DaBaby ha chiarito quanto ancora ci sia da vedere e quanto quei due minuti di visibilità non siano più sufficienti. Baby sta giocando la partita per entrare nella storia del rap contemporaneo ed XXL non sarà abbastanza.

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Autore:
Camilla Castellan
Batto tasti qua e là nell'hinterland milanese. Il più delle volte a farlo sono i miei alter ego.

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