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Il sonno della ragione: da Goya a Marracash

Come “Il sonno della ragione” ci porta ad abbassare la guardia e lascia campo aperto alle narrazioni tossiche di questi tempi.

Articolo di
Nicolò Falchi
on
05
-
11
-
2019

Tutto e subito

Nell'epoca dei social siamo un po’ tutti in balia di un algoritmo che decide per noi, che capta i nostri gusti sulla base dei like che diamo e delle pagine che visitiamo: un algoritmo freddo e matematico che indirizza i nostri ascolti, ci suggerisce che articolo leggere, dove mangiare e dove andare in vacanza. E soprattutto chi dovremmo votare.

Ci siamo abituati un po’ a tutto questo senza porre chissà quale resistenza: anzi abbiamo salutato questi cambiamenti come un progresso tecnologico, come a qualcosa a cui credere come fosse una fede, una nuova religione. Ed, invece, ogni cambiamento porta con sé le sue crepe, le sue ferite e le sue contraddizioni.

Abbiamo sacrificato in nome della comodità la curiosità di scoprire autonomamente qualcosa di nuovo, la voracità di avere tutto subito ha frantumato quella sacralità che circondava l’attesa di un nuovo disco. Vogliamo essere i primi ad ascoltarlo ed è per questo che ultimamente spopolano gli spoiler su Telegram. Smettiamo di sforzarci e deleghiamo tutto ad un app. Leggiamo poco e male, spesso attirati da qualche titolo clickbait che alla fine smentisce il corpo stesso dell’articolo. Sappiamo probabilmente più di prima ma molto più superficialmente. Siamo sempre più distratti.

Il sonno della ragione

E mentre deleghiamo tutto, la soglia dell’attenzione si abbassa e sprofondiamo “nel sonno della ragione”. Il riferimento di Marra alla fine della strofa di “Quelli che non pensano” è ovviamente alla celebre opera di Goya, datata 1797. Nel capolavoro dell’artista spagnolo veniva rappresentato un uomo assopito, appoggiato ad un tavolino, mentre sullo sfondo veniva circondato da bestie con volti inquietanti e sguardi allucinati. Secondo l’interpretazione più comune l’uomo, nel momento di assopirsi, perde il dominio della propria ragione. Senza il controllo dell’intelletto – simbolo della vera essenza dell’uomo, che lo differenzia dagli altri esseri viventi – il mondo verrebbe infatti sopraffatto da impulsi violenti e incontrollabili.

Goya, “Il sonno della ragione genera mostri”, 1797

Allo stesso modo Marracash invita a riflettere, attraverso la riproposizione di un classico del rap italiano come “Quelli che ben pensano” di Frankie hi-nrg su un aspetto di crisi della nostra società. Lo fa da un nuovo punto di osservazione, lo (ri)atualizza (nonostante il brano di Frankie invecchi ancora benissimo) e lo ripropone farcito di nuove considerazioni e nuovi spunti.

“Il sonno della ragione” può essere interpretato come un abbassare la guardia e lasciare campo aperto alle narrazioni tossiche di questi tempi: quelle che indicano la radice di tutti i mali nel diverso, nei migranti; quelle che fanno leva sulle nostre paure, che puntano alla pancia e agli istinti più bassi. Un paese, il nostro, che soffre di amnesie continue che dimentica tutto e sembra non riuscire ad imparare le lezioni del passato. Questa retorica – che punta sulle nostre paure – trova sempre più spazio e più consenso, basta guardare l’orientamento politico del paese sempre più sbilanciato verso una destra populista e sostenitrice di provvedimenti discriminatori.

Ed è anche per questo che è importante avere nella scena attuale un rapper così importante e influente che affronta determinate questioni. Marracash ci ricorda che il rap è il genere che ci ha fatto appassionare perché, con stile e ritmo, è capace di scavare sulle questioni, denunciare le criticità della società e metterci in guardia dai nuovi mostri che, di questi tempi, sono sempre di più e fanno davvero paura.

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Autore:
Nicolò Falchi
Autore, Copywriter, con un Master in "Storia e Comunicazione", membro della SISS. Attualmente a Barcellona.

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