Interviste

Dramma, noir e commedia: nel “Multisala” di Franco 126 ce n’è per tutti i gusti.

Abbiamo intervistato Franco126 in occasione dell'uscita di "Multisala".

Articolo di
Gabriel Seroussi
on
23
-
04
-
2021

Franco 126, al secolo Federico Bertollini, è un artista in continua e perenne evoluzione. Il suo percorso musicale è una sostanziale ricerca di unicità nel panorama discografico italiano. L’ideale di una musica senza tempo appare il motore anche del suo nuovo progetto: “Multisala”. Il sapore malinconico che sprigiona questo disco è espressione della personalità di Franco, dei suoi rapporti umani, della sua relazione con la città di Roma e il suo fascino decadente.

 

Preparando questa intervista ho ragionato sui punti in comune che potessi avere con Franco, immaginando di cosa avremmo parlato se ci fossimo trovati a bere una birra nei vicoli diTrastevere. Infatti, nonostante io e Franco ci passiamo circa 6 anni, abbiamo frequentato lo stesso liceo, le stesse piazze e, in certi casi, le stesse persone.Per questo motivo abbiamo parlato delle molte cose di cui entrambi siamo appassionati: di cinema, di Roma, di Rap e di tanto altro.

 

Comincio la chiacchierata con Franco partendo dal titolo del suo nuovo progetto: “Multisala”. Un titolo che fari ferimento ad un qualcosa – andare al cinema - che tutti vorremo tornare a fare presto. Gli chiedo se è un consumatore di film e in quale modalità: fascino della sala o comodità casalinga?

 

Concentrandoci sul nuovo disco progetto, chiedo a Franco come abbia deciso di associare l’idea del multisala, come luogo fisico, al suo nuovo progetto.

 

“Il titolo “Multisala” è venuto un po’ da sé – inizia Franco. Come in Stanza Singola sono venuti prima i brani e poi ho visto che c’era un filo rosso. Ho scelto multisala anche perché mi piace la parola proprio per come suona e nella musica la parola ha un ruolo centrale. Inoltre – prosegue Franco - mi sembrava un titolo coerente. I pezzi non solo solo mie storie personali ma sono anche dei racconti. Multisala è una metafora che racchiude l’idea di un disco composto da una serie di racconti. Inquesto sta anche la differenza con “Stanza Singola”: non è un viaggio solo nella mia interiorità.”

Guarda il video di "Blue Jeans" di Franco126 con Calcutta.

Con curiosità cerco di entrare più nei suoi gusti cinematografici e provo a chiedergli di associare un film perognuno dei tre singoli usciti.

 

Franco, giustamente, ci riflette un po’ e poi con sincerità mi risponde che non saprebbe esattamente come associarli: “Non lo so. A un film è difficile. Però potrei associarli a dei generi. Per esempio “Ladri Di Sogni” è un pezzo più noir, “Miopia” e “Accidenti A Te” sono più commedie, mentre “Blue Jeans” può essere un film drammatico. In questo disco ho cercato di spaziare tra diversi generi, ho fatto robe nuove. Ho sperimentato con la Bossa Nova brasiliana e con l’Italo Disco, ci sono sia pezzi più cantautorali ma anche i classici brani chitarra e voce, che sono proprio lamia cifra.”

 

Introduco l’argomento dei contenuti di “Multisala” con una mia impressione. Ascoltando i brani di questo disco mi è sembrato che un tema ricorrente fosse la lotta continua tra la semplicità che le vicende della vita dovrebbero avere e la complessità che invece queste stesse dimostrano ogni giorno. Il racconto di una vita vissuta alla giornata come in “Simone” mi sembrava essere l’alter ego naturale delle riflessioni spietate che animano “Che Senso Ha”. Franco mi risponde che sinceramente non è una riflessione che aveva fatto nella fase di composizione dei brani e prosegue: “”Simone” è un pezzo apparentemente sereno, ma la vita diSimone è una vita complicata. In questo senso le cose semplici hanno poi sempre qualcosa di complicato. Ma non è una roba che ho pensato sinceramente.”


Da “Simone” passiamo ad un altro brano: “Maledetto tempo” – a mio parere forse il più bello dell’intero disco. Gli chiedo di parlarmene: “Il pezzo parla sostanzialmente della paura di crescere – comincia Franco. Innanzitutto il brano parte dal discorso di addio di Totti. Mi era stato chiesto infatti di fare un pezzo per uno dei film usciti su Totti. Poi non andò in porto. Sarebbe dovuto essere il brano di chiusura della colonna sonora del film. Quando mi è stato chiesto io sono partito subito dal discorso di Totti. Nonostante io non sia tifoso l’ho percepito come un momento toccante perché Totti è un simbolo di coerenza e di appartenenza e, inoltre, ha segnato la storia di Roma. In questo discorso il capitano dice essere sempre stato un bambino perché ha avuto la possibilità di fare ciò che egli piaceva per tutta la vita: giocare a pallone.E, in quel momento, lo smettere di giocare a pallone per lui rappresentava la necessità di crescere tutto di botto – Franco prosegue concentrandosi più sul brano. Il tipo di pezzo è un pezzo diverso dal solito, è meno fitta la scrittura. Ricorda molto di più i pezzi dei cantautori. C’è una salita melodica che può ricordare i versi di Baglioni e ha una poetica che ricorda molto Califano. Inizialmente il pezzo aveva più riferimenti calcistici. Poi, non essendo andato in porto il progetto, abbiamo affrontato il tema in una forma più aperta. Sono curioso di come verrà percepito dal pubblico, perché ha una atmosfera diversa da quello che faccio di solito”

Ascolta "Maledetto Tempo" di Franco126.

 

Restando sul fil rouge del senso di nostalgia che in noi tutti romani lascia la figura di Totti, proseguiamo parlando della nostra città. Chiedo a Franco del suo rapporto con la capitale e della sua decisione, in controtendenza rispetto a molti suoi colleghi, di restarci a vivere.

 

“Sono figlio della mia città– sottolinea subito Franco. Le cose che scrivo sono molto influenzate dalla poetica del posto in cui vivo. Dalla malinconia tipica dei romani. Da sempre la scuola romana ha sempre avuto questa vena. E non è un caso che la maggior parte dei cantautori di questo periodo sono di Roma e dintorni. Non mi stupisco di questo. Perché Roma ti dà un modo di vedere le cose che si sposa bene con la canzone malinconica”. Sulla decisione di restare a vivere a Roma, Franco risponde in maniera netta: “Resto a Roma perché si sta bene, perché mi trovo bene e perché ho i miei amici qua. Non mi sposterei per nessun motivo al mondo.Sicuramente se ti serve farti dei contatti e inserirti in determinati contesti essere a Milano ti aiuta. Ma questa regola vale più per i rapper che per ciò che faccio io. Ma – prosegue - comunque non sono proprio il tipo. Quindi resto qua. Poi, per carità, a Milano si lavora di più. Io però ho bisogno dell’aria di Roma per scrivere. Sono molto sedentario. Ho bisogno dei luoghi in cui vado di solito, di stare a Trastevere con i miei amici. Non ci rinuncerei per nulla al mondo. Spostarsi a Milano è fuori discussione.”

 

Affrontiamo il tema dell’evoluzione che Franco ha avuto nel corso della sua carriera. Gli chiedo quanto la sua originalità sia frutto di una ricerca di un sound e uno stile che più gli si addicesse o se, invece, fosse una naturale evoluzione di quel processo partito da “Polaroid” e proseguito con “Stanza Singola”.

 

“È stato entrambe le cose – inizia Franco. È necessario quando fai musica cercare di evolverti e di fare cose nuove, allo stesso tempo è venuto in modo anche casuale. Mi sono ritrovato a fare polaroid per un caso abbastanza fortuito: “Solo Guai” doveva essere un featuring nel disco di Carl Brave e invece andò talmente bene che abbiamo deciso di farne altri insieme. Sono stato catapultato in quel mondo quasi senza volerlo. In questo disco c’è la voglia di sperimentare sia a livello di melodie sia a livello di sound. Ho sperimentato a partire dai miei ascolti, dalla voglia di conoscere e dalla curiosità. La stessa curiosità per cui dal rap mi sono spostato verso una roba più melodica.”

 

Ascolta "Solo Guai" di Carl Brave, Franco126.

Ma Franco viene, ha fatto e, in alcuni progetti, fa tutt’ora rap. Quindi gli chiedo del suo rapporto con il rap attualmente.

 

Franco risponde: “Sono un ascoltatore di musica rap anche se devo dire ultimamente sento più delle robe “tipicamente rap”, quindi non sono più così aggiornato sulle novità come un tempo. Adesso vado più a scavare nel cantautorato, nella musica italiana.” Poi prosegue parlando della sua relazione con il rap in quanto artista: “Mi piace ancora fare rap.Credo sia un’epoca storica in cui, a differenza di prima, ci si può permettere di fare più cose. Io mi posso permettere di fare dei pezzi rap nonostante io faccia principalmente cantautorato o musica pop. Questo perché sono state abbattute le barriere tra generi. Prima la musica ti definiva come individuo: se ascoltavi metal eri un metallaro, se ascoltavi rap eri un b-boy. Non è un caso che Neffa quando cambiò genere non tornò mai indietro. Dalla gente fu percepito come un tradimento. Ma anche Coez, più recentemente, quando cambiò direzione non fu presa bene. Adesso la gente è più predisposta ad ascoltare generi diversi anche grazie alla maggiore fruibilità della musica offerta da Spotify.”Conclude Franco: “Questo è il motivo per cui io posso fare quello che faccio.Tutto questo pippone per dirti che questo è il motivo per cui io posso ancora fare rap e mi diverto a farlo. Principalmente lo faccio nei dischi degli altri perché mi piace che la mia strada sia principalmente questa. Ma non escludo che magari prima o poi io possa fare un disco rap. È il momento storico in cui questa cosa è permessa. È una delle novità di questa generazione musicale qua.”

Continuando a parlare di rape dei suoi ascolti, Franco mi dice: “Per il cantautorato sento soltanto quello italiano. Per l’Hip Hop ascolto anche quello americano. Per dire prima stavo ascoltando i Griselda: spaccano.”

In un momento un po’ revival gli ricordo un mitico concerto fatto all’occupazione del nostro liceo nel 2014. Franco era uscito da qualche anno, io ero ancora uno studente del Virgilio. Il concerto prevedeva due gruppi di ragazzi sconosciuti: da una parte la 126 e dall’altra la Dark Polo Gang. Chiedo a Franco cosa si ricorda di quella serata e, in generale, di quella fase storica.

“Liceo Virgilio era 2014, giusto? – si chiede Franco. Mi pare che poco prima fosse uscito “10 Pezzi”, il primo di Ketama e Pretty Solero. Io ero su una sola traccia. Era un periodo fico, non era esplosa ancora tutta la bolla della trap. Noi semplicemente facevamo musica perché ci andava di farla senza troppe pretese. Chiaramente aspiravamo a farlo come lavoro però non eravamo ancora così ambiziosi.All’epoca io studiavo all’università, o almeno ci provavo. Dovevo ancora trovare la mia identità musicale. Di lì a poco sarebbero usciti i primi estratti di “Asso di Guasconi”, il mio disco mai uscito”. Affondando nei ricordi Franco prosegue: “Un periodo strano, stavamo tanto in giro. Non sapevamo dove sbattere la testa. Ma musicalmente era molto stimolante, uscivano tante cose nuove. C’era tanta roba fresca. Stava per esplodere la bolla della trap. Che era un qualcosa che noi già ascoltavamo senza poi capirla fino in fondo. Mi ricordo a quel live fu davvero fico. Sotto palco, che poi non era un palco, c’erano i Wing Klan e i Tauro Boys. Due gruppi che poi hanno fatto il loro percorso. Siamo tutti quanti figli di quel contesto lì. È una roba fica.”

 

Ascolta "Numeri" di Ketama, Pretty Solero con Fanco126 e Asp126.

Concludo chiedendo a Franco del suo prossimo tour. Due date: il 5 novembre al Mediolanum Forum di Milano el’10 dello stesso mese al Palazzetto dello Sport di Roma. Per la prima volta Franco suonerà nei palazzetti: una novità che speriamo sicuramente di vivere tutti insieme. Gli chiedo se questa nuova dimensione di live lo spaventa.

 

Franco mi risponde: “Non ti nascono che c’è una pressione in più per i palazzetti perché è una roba che non ho mai sperimentato. È una dimensione differente. È un altro mondo. Mette un po’ d’ansia. Anche perché vengo da un periodo di silenzio dai live. Sia per la situazione Covid sia perché ormai il tour di “Stanza Singola” l’ho finito tempo fa. Suonare live mi diverte molto ed è una cosa che devo dire mi manca. Non vedo l’ora di cominciare anche se ovviamente mi spaventa.”

 

Saluto Franco dopo questa bella chiacchierata facendogli l’imbocca al lupo per il nuovo disco; entrambi ci auguriamo di rivederci presto per una birra a Trastevere.

“Multisala” di Franco 126 è fuori ora, non perdetelo.

Ascolta qui "Multisala" di Franco 126:

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Autore:
Gabriel Seroussi

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