L'artista di Torino ci ha raccontato le sue intenzioni per il Festival.
Il 24 febbraio 2021 si è tenuto un incontro in vista della partecipazione di Willie Peyote alla 71esima edizione del Festival di Sanremo. L’intervista non ha riguardato esclusivamente il brano “Mai dire Mai (la locura)” con cui l’artista si è presentato in gara e la sua esperienza al Festival, ma si è arrivati a parlare di: Ricky Gervais, Fabri Fibra, il suo essere Dogo Fiero, Rancore, Madame, Coma Cose, la condizione dei lavoratori del mondo dello spettacolo ai tempi del Coronavirus, una delle serie televisive italiane di maggiore successo: Boris.
“Mi piaceva l’idea di fare a Sanremo quello che Ricky Gervais ha fatto ai Golden Globes dell’anno scorso. Mi divertiva molto”. Da dove nasce il legame inaspettato con Ricky Gervais? Beh, il pungente comico britannico ha presentato numerose cerimonie di premiazione dei Golden Globes e nel discorso da lui tenuto l’anno scorso ha lanciato pesanti frecciatine all’intero star system. Il ruolo del rapper piemontese al Festival di Sanremo è dunque quello del provocatore: proprio come il discorso ai Golden Globes di Gervais è la coronazione del suo stile, allo stesso modo questa sarà l’occasione per Willie Peyote: “Credo anche che sarà palese dalla prima performance in avanti che io non sono lì per portare a casa dei riconoscimenti proprio perché l’approccio è quello di Ricky Gervais ai Golden Globes: sono lì per prendere tutti per il culo, me compreso. Il paradosso è che se vincessi il premio della critica sarebbe folle ma non perché non mi farebbe piacere, attenzione! Bel riconoscimento, eccheccazzo ci mancherebbe! Però vorrebbe dire che non hanno capito il mio ruolo all’interno di questo Sanremo, che è quello di fare un po’ il giullare, il guastatore dall’interno. Se vinco Sanremo è l’esaltazione del concetto del cortocircuito. Davvero, io l’ho detto ad Amadeus la prima volta che abbiamo parlato e gli ho fatto sentire il pezzo: “Guarda che il pezzo è questo. Qua sto prendendo per il culo Sanremo, qua pure. Io le parolacce non le tolgo. Io la citazione di Boris la voglio fare. O la roba è così o non si fa.” E lui mi ha detto: “È proprio così che mi piace!”
Guarda il video del discorso di Ricky Gervais ai Golden Globes del 2020 con sottotitoli in italiano:
Continuando a rispondere alle domande dei giornalisti, Willie Peyote ci fornisce una breve descrizione di “Mai dire Mai (la locura)”: “Non è assolutamente quello che la gente si aspetta da me, soprattutto chi mi conosce: è un pezzo in cassa dritta a 140. Però fa tutto parte del cortocircuito: vado a Sanremo con un pezzo in cassa dritta, con il ritornello che apre, con l’orchestra che suona i violini sopra, ci sarà inoltre una citazione che tra i rappers qualcuno coglierà e intanto prendo per il culo tutti. È tutto un carrozzone, ma musicalmente è ancora più elettronico rispetto ai pezzi di “Iodegradabile”.
Le tematiche affrontate nel brano possono essere riassunte da questa citazione di Boris ripresa dal noto monologo in cui Valerio Aprea dice: “Questa è l’Italia del futuro, un paese di musichette mentre fuori c’è la morte”. L’intento del pezzo è quindi di essere una fotografia molto reale del nostro paese: “Il pezzo si apre con la citazione di Boris, ho pensato che sarebbe stato veramente un bel troll portare questo pezzo proprio a Sanremo: un paese di musichette mentre fuori c’è la morte. È anche vero che per me non è un pezzo così nuovo nel senso che di brani in cui prendo per il culo tutti, me stesso compreso, ne ho fatto qualcuno in carriera.” Il rapper piemontese, che è grande fan della serie, ha rivelato anche cosa pensa della quarta stagione di Boris che uscirà a fine 2021 o ad inizio 2022: “L’emozione è forte anche se sono combattuto perché se da un lato sono molto contento che facciano la quarta stagione, dall’altro essendo trascorsi oltre dieci anni da quando hanno realizzato quel tipo di narrazione della fiction in Italia, declinarlo in un altro modo sarà complicato dato che la fiction praticamente non esiste più, ma sono comunque molto fiducioso.”
Guarda il monologo di Valerio Aprea di Boris:
La serata di ieri giovedì 4 marzo è stata dedicata interamente ai duetti e alle cover e Willie Peyote si è esibito con il brano “Giudizi Universali” (1997) di Samuele Bersani che ha deciso di esibirsi insieme al rapper: “Il duetto con Bersani è stato molto più facile di quello che mi aspettavo perché è vero che arriva da un mondo diverso, anche anagraficamente parlando, ma è altrettanto vero che io sono cresciuto ascoltandolo e ho imparato a scrivere anche da lui. Nel pezzo “Giudizi Universali”, che per me è una delle canzoni più belle degli ultimi 20-30 anni, mi ci rivedo tantissimo, per esempio nel discorso del “troppo cerebrale per non complicare il pane”. Ah, comunque, lo dico subito a tutti! Non rappo su quel pezzo lì, non ho fatto la roba che ho fatto su “Il Bombarolo” (2019), canto il pezzo così come deve essere cantato.”
Arrivati a questo punto dell’intervista, mi è sembrato doveroso chiedergli con chi avrebbe voluto duettare del mondo rap: “Con chi avrei voluto duettare?” Sono tanti! Però sicuramente Fibra portando “Se Non Dai il Meglio” di “Turbe Giovanili” (2002) o i Dogo con “Cronache di Resistenza” di “Mi Fist”(2003), perché sono i rappers con i quali in qualche modo mi si è aperta la testa quando ero diciassettenne, diciottenne. Tra l’altro mi è successo di fare “Cronache di Resistenza” con Don Joe su un palco a Milano. Sono un Dogo fiero, ho fatto “Cronache di Resistenza” con Don Joe, la prima strofa era di Jake, poi quella di Guè e poi la mia! Quindi comunque io me la sono già tolta la soddisfazione.”
Anno dopo anno il Festival di Sanremo conta tra i suoi partecipanti sempre più artisti provenienti dall’Hip-Hop, quest’anno, oltre a Willie, ce ne sono altri 5 tra cui Fedez e Madame. È dunque implicito chiedersi cosa ne pensa il rapper di questa scelta di casting e se si tratta esclusivamente di una scelta di convenienza per attrarre un pubblico molto diversificato: “Beh allora, senza dubbio è una scelta di mercato dato che non possono non rendersi conto che il rap domina le classifiche e gli ascolti dell’Italia intera. È più un problema che riguarda noi artisti che andiamo a Sanremo, sta a noi portare il rap a Sanremo e non viceversa. È anche vero che arrivo dopo diversi colleghi che hanno fatto un grandissimo lavoro sul quel palco. Lo stesso Rancore, che l’anno scorso si è portato a casa il premio della critica sul miglior testo, ha dato la dimostrazione all’intero paese che il rap è potenzialmente il genere che permette di scrivere i testi migliori, visto lo spazio che si ha a disposizione. Inoltre, sono molto curioso di vedere alcune performances, in particolare Madame perché di tutta la nuova wave è sicuramente una tra le più interessanti, ma anche quella che potenzialmente può incontrare di più il gusto nazionalpopolare, nel senso che può essere compresa pur rimanendo non compresa del tutto e mi piace molto l’impatto che quindi avrà sul pubblico. Poi ci sono io, ci sono i Coma Cose che fanno rap in un modo fluido quindi mi piace l’idea che abbiamo creato un modo di fare rap molto italiano, come direbbe Stanis (tra i protagonisti di Boris): “un po’ troppo italiano”. Sono cresciuto con il rap anni Novanta, un rap molto figlio dell’America e oggi secondo me ci sono espressioni più nostre, oggi c’è una scuola di rap che affonda le radici nella canzone d’autore italiana e a me, devo dire la verità, piace molto''.
La scelta di Willie di partecipare a Sanremo è innanzitutto strettamente connessa alla drammatica situazione che stiamo vivendo: “Ho scelto di farlo proprio perché quest’anno è importante, considerando che alcuni dei miei collaboratori è un anno che non lavorano, alcuni di loro sono anche stati costretti a cambiare professione e sta roba a me non fa dormire la notte. In più il Festival è l’unico evento in cui oggi in Italia si riesce a mandare un segnale per quanto riguarda la musica. Quindi andare a Sanremo a fare un pezzo d’amore, già non è nelle mie corde a prescindere, ma quest’anno meno ancora, perché non potevo andare a Sanremo e fare finta di niente.”
Essere in gara al Festival è la prima occasione che da tempo hanno molti artisti di tornare sul palco ad esibirsi anche se senza pubblico: “Cosa significa tornare sul palco?” Allora intanto è meraviglioso suonare con l’orchestra di Sanremo e quindi io mi godo il momento di condivisione con così tanti musicisti. Devo però dirti che non è un concerto vero, è un programma televisivo. Sanremo può rappresentare tanto quest’anno, però nel momento in cui si valutava la presenza del pubblico mi sono confrontato con i miei tecnici per chiedergli perché fossero così incazzati e ho notato questo: abbiamo tutti perso un’occasione, Sanremo, io e anche loro. Avremmo dovuto studiare tutti insieme un metodo per ripartire mentre ci siamo un po’ persi tra le tifoserie. Paradossalmente per me a Sanremo il pubblico può anche non esserci in sala, tanto i quattro impellicciati in seconda fila non sono il mio pubblico in ogni caso e poi così non faccio la fine di Crozza nel 2013. Perciò da persona che gode nel suonare dal vivo e ne ha bisogno come se fossi praticamente a digiuno da un anno, mi è dispiaciuto perché è un’occasione persa. Ora ci proveremo lo stesso, io sono in contatto con diversi altri artisti che parteciperanno al Festival, in particolare ovviamente Lo Stato Sociale, per cercare di portare un messaggio relativo a questo discorso. Attenzione non ce l’ho con Sanremo, ce l’ho con il fatto che in questo paese purtroppo molto spesso perdiamo le occasioni invece che confrontarci in maniera intelligente. Ci si perde facilmente.”
Guarda il video del pubblico dell’Ariston che polemizza contro la satira di Maurizio Crozza:
Continua a leggere i nostri articoli e le nostre interviste su www.essemagazine.it