Tra dilemmi etici e opportunità artistiche.
C’è sempre un enorme, grosso dubbio – esistenziale direi – che si siede a tavola con noi quando si sente parlare di album postumo. Il volere di un artista che non può manifestare più il suo assenso o dissenso per una pubblicazione, ad un mix o ad un featuring come rende il prodotto finale? Considerando poi la forte connotazione personale del rap, la domanda sembra avere risposte con più ombre che luci. C’è chi, come il sottoscritto, sta ben alla larga dalle pubblicazioni postume – per questione di lucro o per caratteri artistici – e chi invece è assolutamente entusiasta di continuare a poter godere di nuova musica malgrado la dipartita del proprio idolo (soprattutto quando prematura). Non nego che è comunque più facile fare questi ragionamenti per il rap contemporaneo, mi sarei privato dei dischi di Biggie o Tupac?
Alcune eccezioni si possono fare per dischi già annunciati e poi che non hanno visto la luce prima della morte del loro autore. Ad esempio, Népal – rapper francese della crew di Nekfeu, scomparso a novembre del 2019 – aveva già annunciato il suo debutto discografico, ''Adios Bahamas'', prima di morire per cause non dichiarate. In questo caso situazione era sicuramente diversa e la riuscita dell’album rispecchia questo aspetto. Anche perché diciamolo francamente, alcune release postume si sono rivelate degli obbrobri che poco avevano a che fare con la qualità di quello che invece era stata pubblicato in precedenza – tipo Skins di XXXTENTACION.
Non è un dilemma da poco, fino a che punto siamo noi fruitori i “proprietari” del lavoro altrui?
Pop Smoke aveva un talento fuori dal comune, su questo credo non si possa dissentire. Il modo in cui, in poco meno di un anno, aveva completamente cambiato faccia al rap mainstream di New York è francamente irrazionale. Il movimento della Brooklyn drill non parte certamente con lui (Sheff G, 22gz e Fivio Foreign avrebbero qualcosa da dire), ma la sua capacità di far diventare questa corrente la cosa più passata in radio, e nelle strade di New York, è sicuramente merito della forza emotiva e della spinta carismatica che Pop Smoke aveva. All’annuncio di ''Shoot For The Stars Aim For The Moon'' nessuno, e dico nessuno, se l’è sentita di proferire parola contro. Sarà perché a completare l’opera prima del rapper di Brooklyn ci si è messo di mezzo il suo conclamato idolo: 50 Cent. Mr. ''Get Rich or Die Tryin'' è riuscito a portare a termine non solo l’album, ma gli va dato anche merito di avergli dato un’anima e un senso. Questo, molte volte, è il punto che si perde quando si cerca di fare un lavoro del genere, gli album postumi sembrano più compilation di pezzi scartati, più che un progetto costruito con cura. ''Got It On Me'' è un esempio lampante – campione (o forse di più) di Many Men – così come la polemica nata con Virgil Abloh per la cover, testimonianza che la volontà per un prodotto fatto a regola d’arte veniva prima di tutto.
Naturalmente non mancano le sbandate e qualche guaio discografico, ma nel complesso SFTSAFTM è un disco che riflette quasi nella totalità l’artista che è stato Pop Smoke fino a quel maledetto giorno di febbraio di quest’anno.
A gennaio di quest’anno, dal nulla, TMZ avvisa il mondo che Juice WRLD sembra aver registrato più di 2000 brani (tutti non pubblicati) nel suo home studio. Questa notizia arriva qualche settimana dopo la partecipazione vocale di Juice nel disco di Eminem e un presunto leak di 26 canzoni pubblicate su SoundCloud a nome 999 WRLD. La prima pubblicazione postuma ''Legends Never Die'' in uscita il 10 luglio sembra partire proprio da qui.
Il disco sembra arrivare proprio al momento giusto o meglio nel momento in cui i suoi fan proprio non ne possono più di aspettare. Spotify conta 33 milioni di ascoltatori mensili e i dischi di platino accumulati da ''Lucid Dreams'' nemmeno si contano più. Il seguito che Juice ha accumulato prima e dopo la sua morte, avvenuta a dicembre del 2019, diventa giorno dopo giorno sempre maggiore.
Da questo punto di vista, il lavoro che il suo management e Interscope (la sua etichetta) dichiarano di star facendo è innanzitutto per volere dei suoi fan. L’impegno e il tempo preso dalla sua morte alla pubblicazione del suo primo album postumo sono conseguenza di un lavoro che deve essere sugli standard di quello che avrebbe fatto Juice e non una semplice playlist a scopo di lucro. Proprio quest’aspetto è fondamentale per il progetto che si sta facendo sul rapper e cantante di Chicago – e che forse dovrebbe essere tenuto in generale più in considerazione (ancora l’esempio di XXXTENTACION e la questione madre/figlio). Proprio da qui passa anche la fortuna di un rapper (sia in vita che non): avere dei buoni consiglieri. E in questo, Juice e XXX non potevano essere più distanti, malgrado condividessero amicizia e talento.
Le qualità e le premesse per cui Legends Never Die possa essere un grande album ci sono tutte.
In questo 2020 abbiamo già avuto ''Circles'' – magnifica rappresentazione della condizione umana dell’ultimo Mac Miller – e con SFTSAFTM e Legends Never Die – arriveremmo a 3 album postumi nel giro di 6 mesi. L’anno scorso invece abbiamo avuto il piacere anche di sentire per l’ultima volta nuovo materiale dei Gang Starr – in particolare di Guru. Sono anche certo che prossimamente il “management” di XXXTENTACION ci farà dono di altra musica.
Ma che considerazione possono avere gli album pubblicati da parte di artisti non più tra noi? Fanno parte della loro discografia a tutti gli effetti? Anche se sono molto brutti?
La storia della fine degli anni ’90 e dell’inizio dei ’00 ci ha detto che col tempo, qualsiasi sia il loro valore, questi album rappresentano a pieno titolo un importante passaggio per la cultura. Se non avessimo mai avuto ''Life After Death'', ''Shining'' o ''The Don Killuminati'' saremmo stati gli stessi?