Prima che diventasse il genere di punta il rap è stato il capro espiatorio di moltissime questioni.
Sebbene l'hip hop sia oggi il genere più popolare a livello internazionale, non è sempre stato così. Sicuramente il fatto che fosse qualcosa di relativamente nuovo rispetto alla maggior parte dei generi musicali – parliamo dei primi anni ’70, il rock suonava già da una quindicina di anni almeno e il blues ha radici ancora più lontane – ha contribuito alla sua difficile ascesa discografica. Infatti, durante questo percorso di affermazione non sono state poche le criticità da affrontare e i conseguenti preconcetti da abbattere.
Non ci si è riusciti ancora del tutto per quanto le condizioni di partenza siano cambiate radicalmente (in Italia le polemiche sulle performance degli artisti rap, l’associazione alla violenza e alla misoginia ce lo ricordano di continuo), ma abbiamo voluto racchiudere attraverso le parole di 8 celebrità alcuni di questi momenti. La nota dolente? Tanti dei personaggi in questione provengono proprio dalla stretta cerchia del rap game.
Alle voci si sono ovviamente poi contrapposte quelle degli artisti e dei fan che si sono dimostrati leali al genere, proteggendo i suoi prodotti e la sua industria a favore della libertà musicale e prima di ogni altra cosa creativa.
8. LIL XAN
Nonostante sia tecnicamente un rapper, Lil Xan è conosciuto più per le sue controversie sui social media di quanto non lo sia per la sua musica. E, ironicamente, alcuni degli scandali in cui si è trovato derivano dalla sua apparente incapacità di rispettare quella wave chel o ha reso tanto famoso negli Stati Uniti.
Era il 2018 e Lil Xan va in onda su Revolt Tv – una rete nazionale americana dedicata alla musica urban – dove durante un’intervista gli viene chiesto di valutare su una scala da 1 a 10 alcuni rapper; arriva il momento di Tupac ed il punteggio è di 2 decimi, seguito da un discorso non troppo articolato su quanto fosse noioso e non particolarmente innovativo.
Inutile descrivere le reazioni che il web gli ha scatenato contro. Le osservazioni hanno immediatamente suscitato polemiche, comprese le critiche di Waka Flocka Flame che ha affermato come Lil dovrebbe essere bandito dal genere.
Nonostante alcuni dei fan di Leanos abbiano accolto la sua come una libera opinione, la maggior parte di loro non ha potuto che dissociarsi da quanto detto, ritenendolo non solo assurdo artisticamente parlando, ma insostenibile per la comunità afroamericana di riferimento – specie in merito ad alcune tematiche.
Con il tempo e a seguito di qualche altra intervista di poco successo, Lil Xan ha tentato di minimizzare la situazione sostenendo che la messa in onda di alcune di queste era stata manipolata dalle stesse reti tv e che riconoscesse il valore di Tupac in quanto artista.
In uno dei suoi ultimi show live ha perfino riproposto una cover di “California Love”.
7. BEN SHAPIRO
L'ultima volta che ne ho sentito parlare, Ben Shapiro era un opinionista più orientato all’ambito politico che altro, con niente in comune con l’hip-hop. Tuttavia, ciò non gli ha impedito di esprimersi sul genere nel 2019 durante un'intervista – lo show era il suo, c’è da dirlo.
Shapiro ha cercato di convincere Zuby, ospite quella sera nonché artista indipendente e autore di podcast, che il rap non fosse una vera e propria espressione musicale, ma un parlato nuovo; ciò che disse suonò più o meno così: «Fondamentalmente è un parlato ritmico, efficace e per questo non effettivamente una forma d’arte […] è oggettivo, inutile stare a guardare quello che dicono le major. Non c’è spazio per la soggettività in questo.»
I commenti di Shapiro sono stati debolmente supportati dall’affermazione che il rap manchi di melodia e armonia, che sia forte esclusivamente nel ritmo e che non sia orientato alla famiglia, nei suoi contenuti e per la forma.
Questa non è la prima volta che Shapiro tenta su larga scala di comunicare la sua incompatibilità con il genere, già nel 2012 aveva postato qualcosa di ugualmente esaustivo.
Vi lasciamo lo scambio di tweet tra Shapiro e Ice-T, uno dei pilastri del rap mondiale.
6. MILEY CYRUS
Miley Cyrus ha svestito da tempo i panni dell’innocente attrice di Disney Channel e quando quest’aura è svanita– seguendo forse le orme del padre Billy Ray Cyrus – ha deciso di intraprendere un percorso musicale a tutti gli effetti. Il rap le sembrò la strada giusta: tra le collaborazioni una varietà di artisti e produttori tra cui Pharrell, Snoop Dog e Wiz Khalifa. Fu proprio l’affinità artistica sviluppata con quest’ultimo a dare vita a “Bangerz”, il suo quarto album che la ribattezzò la “bad girl” dei palchi internazionali.
Eppure, nonostante il successo del progetto, nel 2017 Miley cambiò idea definendo il rap esageratamente sfacciato, addirittura osceno.
Tacciata di essersi servita del genere per scrollarsi di dosso l’immaginario dell’attrice teen americana, Miley Cyrus ha risposto poi alle critiche non lunghe scuse diffuse tramite social, riconoscendo il grande privilegio di aver fatto parte di una scena con un background tanto importante.
La linea melodica che ha deciso di seguire da quell’anno in poi sembra aver abbandonato i presupposti di una carriera nel rap o nella trap, poco male per tutti.
5. LIL YACHTY
Quando Lil Yachty è entrato in scena il suo fascino derivava dal fatto che la sua musica suonava molto diversa dal classico hip-hop. Evocava immagini di colori al neon e cartoni animati, lontano dalle realtà più crude di artisti come Tupac e Biggie. Tuttavia, la stessa cosa che ha spinto Lil verso la celebrità si è rivelata una problematica non da poco. In varie interviste durante la sua carriera ha espresso apertamente il suo disinteresse per l'hip-hop classico, una posizione che ha suscitato polemiche che si sono inasprite soprattutto dopo la messa in onda del format con Ebro su Hot 97. Durante la puntata infatti, Yachty arriva ad essere irreversibilmente critico nei confronti della vecchia scuola, in un freestyle che non ci mise troppo a diventare virale.
Una faida che non scaldò solo Ebro, ma disgustò quasi la maggior parte dei suoi fan e tutta la XXL Freshman Classmate – tra tutti Anderson Paak.
Durò comunque poco la presa di posizione di Lil Yachty che ritrattò il suo «non saprei dire 5 tracce di Tupac o B.IG.» con delle scuse sonanti.
4. POST MALONE
"White Iverson" gli ha fatto guadagnare l'attenzione nazionale, tutto è partito da lì. La traccia è stata originariamente pubblicata sul suo canale SoundCloud nel febbraio del 2015 e nell'agosto dello stesso anno Post Malone aveva già firmato con Republic Records, una delle principali etichette discografiche americane.
Ma la vera affermazione hip-hop è stata consacrata da “Stoney”: l’album ha ricevuto una quantità di recensioni positive inimmaginabile, rendendo Post il portavoce della contaminazione di genere, amalgamando il country folk ed il pop/rock su un tessuto sonoro prevalentemente rap. Cambiò perfino il suo modo di rappresentarsi, i video si connotarono di una componente prettamente urban.
Quindi fu una sorpresa quando durante un’intervista a New Once – canale polacco – Malone disse che i contenuti portati dagli artisti rap non dovevano essere presi così sul serio, anzi avrebbero dovuto essere accolti con la stessa superficialità con la quale venivano portati sul palco.
I commenti hanno suscitato un contraccolpo immediato da parte dei fan che lo hanno accusato di aver disprezzato lo stesso genere che lo ha catapultato alla fama mondiale. Non è passato molto e su Twitter Post Malone si è scusato pubblicamente, insistendo su quanto profondamente amasse il genere e fosse intenzionato a continuare a lavorarci (alludendo anche alla possibilità di non essere stato molto lucido al tempo delle dichiarazioni in questione). Nonostante le polemiche, la carriera di Post non sembra essere stata influenzata negativamente: nel 2019 Spotify lo ha infatti nominato l'artista più stremmato al mondo.
3. BILLIE EILISH
Billie è diventata il volto del pop alternativo quasi dall'oggi al domani. Successi come “bad guy” e “xanny”combinano pop tradizionale, emo e persino elementi di musica trap. Forse è il suo occasionale prestito di questi ultimi che ha causato contraccolpi quando ha accusato la maggioranza dei rapper di mentire nei loro pezzi.
All'inizio del 2020 Billie è stata sulla copertina di Vogue Magazine, per la quale ha rilasciato un’intervista; durante questa ha ammesso che le sue canzoni non sono mai completamente autobiografiche, ma che nemmeno siano bugie inventate di sana pianta.
E fino a qui tutto bene, se non fosse che per dire ciò ha messo a confronto la sua narrazione con la menzogna che sosteneva fosse presente nella maggior parte dei testi rap-trap, sottolineando in particolare l’uso spasmodico di rappresentazioni violente e sessiste (AK 47 e donne-oggetto ritratte in contesti di festeggiamenti vari).
Le osservazioni sono state interpretate da molti come una visione riduttiva del genere, ricondotta agli unici stereotipi più superficiali usati da chi disprezza per partito preso la categoria.
Come per Shapiro c’è chi ha affermato che le citazioni fossero state decontestualizzate, ma la maggior parte insiste sull’ipocrisia di Billie – in quell’occasione specifica – poiché lei stessa non è protagonista della totalità delle sue narrazioni.
2. KENDALL & KYLIE JENNER
Kendall e Kylie non sono estranee al mondo hip-hop solo per le rispettive relazioni sentimentali con artisti del panorama. Nel 2017 si sono infatti trovate al centro di qualche polemica dopo aver registrato il loro marchio di abbigliamento. Le t-shirt che componevano la linea, ritraevano i volti delle sorelle sovrapposti ai ritratti di Tupac e Notorious B.I.G.
Oltre al prezzo (circa 125$) ai fan non è andata giù l’idea del design, interpretandolo come uno sfruttamento dell’eredità lasciata dai due artisti senza che Kendall e Kylie avessero nulla in comune, ma il solo scopo di speculare sulla loro immagine.
Il dramma si è poi intensificato quando Voletta Wallace – madre di Biggie Smalls – è intervenuta per rivelare che i ritratti erano stati utilizzati senza il suo consenso.
Le sorelle hanno subito ovviato alla problematica ritirando dalla vendita le magliette e rilasciando dichiarazioni social di scuse ai fan e alla madre di Biggie.
1. GRAMMY AWARDS
I Grammy, sebbene non si identifichino in una persona specifica, rientrano nella lista perché sono la rappresentazione forse più eclatante – e discussa – della reiterata mancanza di rispetto per l’hip-hop e la sua comunità.
La premiazione regolamentata dalla Recording Academy è destinata a mettere in risalto i migliori prodotti musicali, ognuno nelle rispettive categorie. E, seppure non è un evento che abbia mai privato la componente rap dei suoi successi, sono proprio queste sezioni accuratamente predisposte ad aver creato non pochi fraintendimenti.
Secondo Steve Napper, editor per Rolling Stone, la problematica maggiore risale proprio nella composizione della commissione di giudici: prevalentemente bianchi, anziani e conservatori.
Nelle sue 62 edizioni non è difficile riscontrare quanto dice: solo due artisti rap-afroamericani hanno vinto il premio “Album dell’anno” e sono stati Lauryn Hill nel 1999 con “The Miseducation” e gli OutKasts con “Speakerboxxx / The love below” nel 2004.
Un artista nero non vince come “artista dell’anno” da 12 anni.
Gli album hip-hop vengono regolarmente esclusi dalle nomination per i quattro premi più prestigiosi (incluso appunto l' "album dell’anno") venendo relegati alle due categorie specifiche etichettate come "urban".
Mentre alcuni artisti come Diddy sono critici di lunga data dei Grammy, negli ultimi anni sempre più personalità stanno combattendo la stessa battaglia: Kendrick Lamar, Frank Ocen e persino Drake si sono espressi contro l'Academy.
Drizzy nel 2017 ha boicottato i Grammy dopo che “One Dance” non è stata nominata come traccia dell’anno, riportando l’attenzione sulla manipolazione dei voti all’interno della giuria.
Ribadendo il discorso l’anno passato.
Una cosa è certa, i Grammy devono apportare diverse modifiche se vogliono continuare a essere rilevanti.