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Come Eminem ha conquistato la musica nera con "The Mashall Mathers LP"

Eminem ha conquistato la musica nera e la comunità hip hop soprattutto grazie a The Marshall Mathers LP. A distanza di 20 anni dalla sua uscita ne analizziamo il valore per la cultura rap attuale.

Articolo di
Eugenio Ronga
on
03
-
07
-
2020

Facciamo che vi sfido. Ditemi il primo nome che vi viene in mente se dico “rapper bianco”.

La risposta al 99% la conosciamo tutti ed è, almeno che non siate fan sfegatati di Nex Cassel, Marshall Mathers aka Eminem.

E quindi in un periodo storico dove tutti stiamo imparando a dare valore alla cultura nera, è importante ritornare a dare valore a chi ha saputo crearsi una credibilità all’interno di un’arte che vede i caucasici ospiti. Eminem è il rap sono la rappresentazione di quello che significa conquistarsi la fiducia di una comunità passando per la porta principale, in maniera schietta e diretta, senza però risultare fuori luogo.

 

The Marshall Mathers LP e il rap fatto da bianchi

L’anniversario dei 20 anni di Marshall Mathers LP segna proprio una chiave di svolta in questo processo. Qual è il motivo per cui il terzo album in studio di Eminem è così decisivo?

Beh, innanzitutto stiamo parlando dell’album rap più venduto della storia – con circa 11 milioni di copie solo negli Stati Uniti – e di un progetto che complice testi e stile ha segnato in modo indelebile la scena musicale mondiale.

Al di là dei numeri – per quanto impressionanti, soprattutto a confrontarli con quelli contemporanei – le cifre che contraddistinguono MMLP sono senza dubbio quelle dell’oltraggiosità, dello scandalo e dello scabroso che assalgono l’ascoltatore durante tutta l’ora abbondante dell’album. Ricordiamogli insulti e riferimenti sessuali nei confronti di J Lo, gli inquietanti cambi di prospettiva sul massacro della Columbine High School oppure la dozzina di modi differenti con cui Eminem usa la parola “faggot” (questione omofoba che ancora tiene molto banco ai giorni d’oggi).

In un certo senso i contenuti di MMLP, ma anche quelli dei progetti precedenti e successivi, raccontano tutte quelle che sono le controversie di Eminem come rapper bianco. Mi spiego.

Mai prima d’allora c’era stato un MC in grado di portare testi del genere nel mainstream con una frequenza tale, arrivando a tutti senza distinzione di classe sociale o colore della pelle. Questo punto di punto può essere riassunto con quello che è il “white privilege” di cui Eminem, probabilmente senza nemmeno volerlo, ha sempre goduto. Il fatto che un rapper caucasico esprimesse questo tipo di cose negli anni 2000 era come un cavallo di Troia, che si insinuava nelle case delle famiglie degli statunitensi, liberandosi poi al momento più inaspettato rivelando l’insanità mentale del personaggio.

Ma nello stesso momento Eminem parlava forse per la prima volta di problemi e situazioni di vita comune della classe bianca disagiata d’America. Mr. Porter stesso – membro dei D12 (gruppo di cui faceva parte Eminem) – afferma che “I bianchi hanno bisogno di essere messi in una situazione spiacevole da altri bianchi, e Em ha fatto questo. Lui ha messo in difficoltà i bianchi con la loro stessa verità”. Avere il consenso della comunità nera, portando questo genere di racconti e farneticazione poteva essere un’arma a doppio taglio: essere l’idolo dei ragazzini bianchi, ma restare fuori dal gioco di quelli che contano.

Come Eminem stesso ammette “un pezzo come My Name Is non lo farò mai più”, la paura di restare un “cocky caucasian” era tanta. Nel rap, al contrariodella vita di tutti i giorni, se sei bianco devi lavorare il doppio.

E MMLP ha dimostrato proprio questo. Le produzioni sontuose di Dr.Dre, che lo aveva già “aiutato” nel suo album 2001 a inserirsi nel contesto che Em desiderava, ad oggi sembrano ancora più iconiche su quelle che sono le parole marchiate a fuoco del rapper di Detroit. Quasi ogni traccia diMMLP è memorabile e pura espressione di un aspetto che allora era di vitale importanza in un rapper: saper rappare.

Eminem conquista l’audience e la comunità nera anche perché dopo MMLP è inevitabile rendersi conto di quanto sia bravo nell’arte del rap. La sua tecnica, espressa attraverso metriche e giochi di parole folli, creano il mito di quel Rap God che sembra essere stato fin dall’inizio un suo pallino (esplicitato poi solo nel 2013 in MMLP2). Se in quegli anni Jay-Z si era preso già il titolo di HOVA, Eminem poteva vantare di essere il White Jesus. E non erano solo i fan a conclamare la posizione sociale di Eminem, ma tutta l’industria. Malgrado qualche incomprensione iniziale con due delle maggiori piattaforme di informazione hip hop americane come XXL e The Source, molti colleghi già elogiavano MM per quello che stava facendo per la cultura – decisamente di maggior impatto rispetto al solo mercato discografico del rap. Pharoahe Monch stesso ammise come lui stesso, ma anche Royce Da 5’9” e Black Thought, doveva guardare a lui quando si parla di contenuti nei testi. E anche tutta la storia del “Eminem è il mio rapper preferito” oppure “nessuno si è mai permesso di dissare Em” partano proprio da lì.

The Mashall Mathers LP e l’integrazione  

La storia della musica hip hop fatta dai bianchi è incontrovertibilmente cambiata nel 2001 grazie a MMLP. L’approvazione di chi la cultura rap l’ha creata è stata fondamentale per poi dare la libertà a chiunque di inserirsi e dire la propria come ospite di un genere musicale che mai come in questi anni sta prendendo piede in qualsiasi discorso di attualità. E a farlo è stato un ragazzo di Detroit che a fuori di spinte e sonore sberle musicali si è conquistato il rispetto necessario per essere considerato parte integrante dell’hip hop (malgrado le cilecche degli ultimi anni). Per questo considerare MMLP solo un disco rap di un rapper bianco sarebbe un errore, in quanto è diventato – o forse sempre stato – un ingranaggio del motore del rap a tutto tondo.

Oggi abbiamo una buona percentuale di rapper bianchi negli Stati Uniti che conosce il valore di quello che fa all’interno della cultura hip hop grazie soprattutto a Em. Contestualizzando questo rispetto anche all’Italia, faremmo bene a tenerci alla larga da chi sputa su questa sorta di emancipazione usando la N-word e sbeffeggiando la musica, copiando atteggiamenti e modi di fare estranei al nostro paese. Eminem è la dimostrazione di come portare avanti un progetto restando fedeli a se stessi, nel bene e nel male e essere accettati per questo. E The Marshall Mathers LP è il nostro passepartout.

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Autore:
Eugenio Ronga

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