Come un semplice indumento è diventato l'emblema di un'intera generazione
Il durag,o do-rag che dir si voglia, è un accessorio per capelli che è entrato a far parte stabilmente dell’immaginario rap, in particolar modo nel periodo a cavallo tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000. Abbinato a berretti, collane d’oro e vestiti larghi, è stato l’elemento cardine per la creazione di un outfit da rapper ben riconoscibile anche a distanza di anni. Per quanto possa sembrare solo un pezzo di stoffa legato in testa, racchiude peròal suo interno un vero e proprio pezzo di storia delle comunità afroamericane degli Stati Uniti.
Il durag è utilizzato da almeno un secolo per raccogliere i capelli. Particolarmente diffuso nelle comunità afroamericane, è stato definito per le prima volta nel 1966 dall’Akron Beacon Journal come “una benda di tessuto indossata attorno alla fronte per assorbire il sudore e tenere i capelli in ordine”. Inizialmente questo indumento veniva utilizzato nel diciannovesimo secolo dalle schiave per raccogliere i capelli durante le massacranti ore di lavoro. Con il tempo, però, si è evoluto fino ad assumere la forma che oggi tutti conosciamo.
Nonostante la paternità del durag odierno non sia ancora stata attribuita con certezza ad una specifica persona, il presidente della So Many Waves Darren Dowdy sostiene che il padre ne fu l’inventore, nell’ormai lontano 1979. Il signor Dowdy senior ha affermato che l’obiettivo del suo accessorio per la cura dei capelli fosse quello di mantenere la pettinatura desiderata, permettendo anche la formazione di quelle famose onde tra i capelli che danno il nome allo stesso brand. L’azienda, da sempre specializzata nella vendita di durag, è ancora oggi una delle principali in questo mercato, proponendo costantemente nuovi modelli e curiosi abbinamenti di colori.
Ma tralasciamo per un attimo l’esatta origine. Molto più interessante è capire come e perché questa moda si sia sviluppata negli ultimi cinquant’anni. Tutto ha probabilmente inizio durante gli anni ’70 quando i movimenti per il riconoscimento dei diritti degli afroamericani si affermavano oltreoceano e, in quell’immaginario, c’era anche spazio per il capello afro al naturale. Questo ha come conseguenza una crescente attenzione verso la cura dei capelli, ed è proprio qui che entra in scena il durag. Così come i medaglioni africani e le treccine, era inizialmente solo un modo come un altro per creare un senso di comunità e di appartenenza. Il primo passo verso un immaginario collettivo destinato a crescere nelle comunità afroamericane di periferia e, per riflesso, nella cultura Hip-Hop.
Proprio ai rapper va attribuito il successo di questo indumento, tanto semplice quanto diffuso per oltre dieci anni. Nei primi anni 2000 era infatti difficile trovare un videoclip o un album nel quale non comparissero durag in testa a chiunque: Snoop Dogg, Jay-Z, 50 Cent, Nelly e Ja Rule sono solo alcuni dei nomi che si potrebbero fare, ma la lista riguarda la maggior parte degli artisti in quel periodo. Presto è arrivato anche l’abbinamento con lo snapback, all’avanti o all’indietro, creando così un vero e proprio status symbol.
Il merito di questa incredibile popolarità non è da ricercare solamente nei rapper ma anche nelle star dello sport. Atleti come Michael Vick e Allen Iverson nei primi anni 2000 hanno sfoggiato il durag e look da rapper sulla copertina di numerose riviste sportive, amplificando ancora di più questo immaginario.
“Questi due giocatori hanno segnato la crescita culturale di un'intera generazione – afferma Justin Tinsley, scrittore dell’ESPN – Non voglio dire che Iverson e Vick abbiano dato il via alla moda dei durag, ma in Virginia molti di noi hanno trovato ispirazione indossandoli. Vuoi sentirti cool come loro, in ogni modo possibile”.
La moda è, o meglio, dovrebbe essere, qualcosa che rende liberi e che aiuta a formare un senso di appartenenza. Purtroppo, questo non è sempre vero e, al contrario, in certi contesti può essere un importante fattore di discriminazione.
Partiamo dal 1994, anno in cui Bill Clinton emana il Crime Bill, uno stanziamento di circa 30 miliardi di dollari atti a controllare e reprimere ogni forma di criminalità, con particolare attenzione verso i crimini violenti. Se sulla carta potrebbe suonare come un programma lecito, nella pratica si è rivelato uno degli aspetti giudiziari più controversi degli ultimi vent'anni. Arresti di massa, uso della violenza ingiustificata da parte della polizia e ampliamento delle carceri. Tutto questo in larga misura ai danni della comunità afroamericana.
Poco dopo, nei primi anni del 2000, il sindaco di New York Mike Bloomberg attiva il programma Stop-and-Frisk che autorizza gli agenti di polizia a fermare, trattenere, interrogare e perquisire persone sospette trovare nelle strade della città. Lo scopo era la riduzione della criminalità, legata soprattutto al possesso di armi non registrate. Circa il 90% dei fermati appartenevano alla comunità afroamericana e latina e oltre il 70% è stato poi ritenuto innocente.
Ma tutto questo, alla fine, cos’ha a che vedere con un accessorio per la cura dei capelli?
La risposta, per quanto possa sembrare irreale, è legata proprio alla forte identità di questo oggetto. Chiunque indossasse un durag era guardato con molto sospetto e, con ogni probabilità, fermato ed interrogato dalla polizia. O, nel peggiore dei casi, incarcerato, anche senza aver commesso alcuna forma di reato. Indossarlo era come ammettere pubblicamente di essere un criminale. Centri commerciali, scuole, NBA e NFL sono solo alcuni degli enti che ne hanno bandito l’uso, ritenendolo di cattivo gusto e intrinsecamente legato ad attività illecite.
Nonostante le avversità, il durag non ha smesso di esercitare il suo fascino. Artisti come Jay-Z hanno continuato ad indossarlo ben oltre la messa in atto dei divieti ma, nel complesso, la moda è andata scemando. Gli appassionati erano purtroppo costretti ad indossarli di nascosto o, come affermato dal giornalista David Dannis Jr., “erano relegati all’oscurità della notte, come un segreto”.
Razzismo, forza bruta della polizia, ineguaglianza sociale. Tutti questi temi stanno emergendo nel dibattito culturale americano con vigore sempre crescente e, negli ultimi anni, sembra che ci sia nuovamente un’apertura verso questo tipo di problematiche. Lo stesso durag, argomento centrale della nostra discussione, è uscito di nuovo dall’ombra e sta lentamente tornando sulla testa di moltissimi appassionati del genere. Su Twitter nel 2014 è stato lanciato l’hashtag #duraghistoryweek, con l’obiettivo di celebrare l’accessorio per capelli negli anni della sua massima popolarità.
Anche diverse celebrità si sono riconvertite al durag, partendo da LeBron James passando per Rihanna, Solange e A$AP Ferg. Quest’ultimo ha particolarmente a cuore questo stile anni 2000 e, su YouTube, ha pubblicato dei tutorial su come indossarlo, così da insegnare anche ai giovanissimi questo interessante aspetto della cultura Hip Hop.
Il durag è stato anche protagonista di alcune sfilate di moda negli ultimi anni. Questo, se da una parte può essere considerato un aspetto positivo, dall’altro lascia spazio ad appropriazioni culturali non del tutto condivisibili. Pensiamo alle sfilate organizzate nel 2014 da Rick Owens e da Tom Ford nel 2018. In entrambe queste situazioni degli stilisti bianchi hanno fatto sfilare delle modelle bianche con dei durag, quando, fino a pochi anni prima, quello stesso indumento era oggetto di scherno per chi lo indossava.
Questo aspetto, seppur poco condiviso dalla comunità nera, ha comunque permesso una maggiore apertura mentale verso questo tipo di indumento e una migliore reputazione da parte dell’opinione pubblica. Attivisti, celebrità e cantanti dal mondo afroamericano continuano comunque ad indossare questo capo, non tanto perché alla moda, quanto per dimostrare appartenenza ad una certa cultura.
“L’accettazione del durag è avvenuta nei nostri termini, con noi che dettiamo le regole. Questo è più grande del durag stesso – afferma David Dannis Jr. – Questo riguarda un mutamento nella cultura americana, in cui la gente nera smette di cercare l’accettazione dei bianchi e costringe l’America bianca a stare al passo o a restare indietro”.
Per concludere, il durag non è solo pezzo di tessuto. È una parte della cultura musicale e sociale di una nazione, uno strumento per trasmettere la cultura rap ai posteri. La storia di questo indumento dovrebbe anche farci riflettere sull'inutilità dei pregiudizi legati al vestiario. Se negli Stati Uniti il durag era al centro del mirino, in altre parti del mondo potrebbe esserci un hijab, delle scarpe fuori moda, un vestito non elegante o la maglietta della tua band preferita. Quello che dobbiamo essere in grado di fare è quindi andare oltre alle apparenze, superare i pregiudizi e cercare di conoscere la vera persona, indipendentemente dal look o dalla cultura di appartenenza.