Interviste

Comincia un nuovo campionato per Ensi

E l'uscita di "Oggi" ce lo dimostra

Articolo di
Nicolò Falchi
on
27
-
10
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2020


Ho avuto il piacere di sentire Ensi qualche giorno prima l'uscita di "Oggi", il suo ultimo Ep, composto da 6 tracce. Quando escono lavori di questo genere sono sempre molto contento: vuol dire che c'è vita in quel tipo di rap che è capace di coniugare il rispetto per le radici e la curiosità e l'attenzione di quello che c'è fuori al momento. Basta pensare che il disco presenta l'artwork di DeeMo - leggenda del rap italiano ed autore della grafica di "SXM" e le collaborazioni di artisti come Giaime, Dani Faiv o Chris Nolan.

Parlare con lui è stata l'occasione per confrontarci su come è nato questo progetto, sul suo nuovo momento artistico da indipendente, fino a spaziare su tutta una serie di considerazioni su Colle der Fomento, il fenomeno Griselda e sul rap attuale. Per prima cosa gli ho voluto chiedere quali sono state le motivazioni che l'hanno portato ad uscire con ep e non con disco. Lui mi spiega subito che è stata una scelta che è partita ben prima del periodo di lockdown. L'Ep fa parte di un progetto più ampio, ma che è ancora prematuro parlarne, mi dice. Ci tiene a specificare che non è una scelta  «dettata dal mercato odierno, anche se, effettivamente, è una tendenza di questo periodo. Mi ero già schierato per una scelta di dischi meno corposi già con "Clash"; quindi è più una scelta artistica che altro, il concept si spiegherà meglio da solo col passare del tempo e con quello che seguirà l'EP», conclude.



Quando penso a questi discorsi sul dover stare sui social, presente sempre sul mercato penso sempre ai Colle der Fomento, che dopo 11 anni sono tornati a livello discografico riacquistando l'attenzione del pubblico a cui è seguito un tour di successo. Alla fine, se il tuo prodotto è valido, la gente che apprezza quel tipo di rap, risponde presente. «Vedi, questo allarmismo del terreno che ti sembra mancare sotto ai piedi solo perché non sei il personaggio del momento lascia un po' il tempo che trova, è un po' una questione adolescenziale di questa nuova wave che vede in questo quasi tutto. Ovviamente non tutti sono così, ci tiene a puntualizzare.

Mi rivela poi con fermezza che non ha il bisogno di doversi sempre ripresentare ogni volta e che il suo nome è scritto nella storia di questa musica. Ci tiene - aggiunge - a non "ammalarsi" dietro a questa dinamica dei social e dei numeri e mi fa un esempio: «dall'uscita di Clash ad oggi ho perso 5.000 follower su Instagram. Qualche collega si sarebbe legato una pietra ai piedi e buttato giù da un ponte (ride ndr). Li ho riacquistati tutti con l'annuncio di questo nuovo progetto. Proprio a dimostrazione di quanto labile questo sistema al quale stiamo dando troppo credito.  "Number don't lie check the scoreboard", diceva qualcuno, però credo nella concretezza dell'arte e della mia visione. [...] Dico sempre che questa è una maratona non i 100 metri».

Parliamo del titolo "Oggi". Era un modo di fotografare il tuo momento e la scena rap odierna? gli chiedo. «Nessuna delle due» , mi dice. Mi spiega, facendo riferimento alla rima della traccia "090320" "cambia tutto sempre ma alla fine non cambia nada. Sta roba ce l'ho sottopelle come Frank Sinatra” «è questo il significato di "Oggi": può cambiare tutto ogni giorno, può succedere qualsiasi cosa a livello personale e globale. Oggi è un momento indefinito, passano 24 ore ed è già ieri: è sempre oggi. Ma questa musica ha sempre lo stesso valore per me. E questo grazie ai risultati che ottengo: siamo fuori dalle dinamiche di dover rincorrere il disco di platino in una settimana ma, ti parlo di Clash, è stato un disco influente e che mi ha fatto fare il mio tour migliore di sempre.



Per molti artisti la quarantena è stato un periodo iperproduttivo, un'occasione di mettere a fuoco la propria carriera e studiare la prossima mossa. Per altri un momento di black out totale e di sconforto. Per questo motivo mi interessava capire come è stato questo periodo per te dal punto di vista produttivo.
È stato un buon momento, mi dice senza esitare per poi proseguire «Questo Lockdown ha un'influenza negativa con chi non sa stare da solo, con chi non riesce ad affrontare se stesso e la propria vita e ha bisogno sempre di conferme da quello che viene fuori. Invece per me, che non sono vittima del mio ego è stato un momento di grande riflessione. Anche la scelta di uscire dalla major dopo anni e ritornare ad una dimensione indipendente è stata una scelta che ho potuto fare a bocce ferme, quando c'è stato il lockdown, un periodo di grande cambiamento.


Ecco, hai parlato su Instagram di un periodo di grande cambiamento, di una nuova rinascita. So che è terminato il tuo rapporto con la Warner.  Dopo 6 anni di permanenza in una major come  è stato ritornare a muoversi come artista indipendente?

«È stato come un ritorno alle origini. Mi ha ricordato il periodo in cui registravo "Era tutto un sogno" con il mio microfono USB e Logic e, al posto dell'antipop, avevo un rotolo di scotch con un collant della mia ragazza legato sopra. Ora - continua a dirmi - ho un vero studio, ma viverla da solo nel processo di scrittura mi ha riportato lì, quando ero senza fretta e lontano dalle scadenze. [..] Non penso che sia un passo indietro, ma un passo avanti: il sistema major stava cominciando a starmi un po' stretto. Non tanto nel rispetto che avevano loro verso la mia arte che non è mai mancato. [...] ma non era più la cosa giusta per me, volevo uscire come e quando voglio.

Volevo avere la possibilità di non incappare in "oggi c'è Sanremo e si ferma tutta la macchina" perché a noi di Sanremo non frega un cazzo e non ci è mai fregato un cazzo. Questo ovviamente non è la motivazione che mi ha portato a questa scelta; in passato consideravo firmare con una major come una meta, ma alla fine nessuno crede nel tuo progetto quanto ci credi tu. Ho avuto i miei momenti di hype (si riferisce al periodo Spit e ai primi posti in classifica con "Rock Steady"), ma sono partito dall'autoproduzione. Mi racconta che ha chiesto 5000 euro in banca per stampare "Vendetta" nel 2008 e conclude «ho fatto tutte le tappe: dalle piccole indipendenti con i One Mic, passando per le grandi indipendenti come Tanta Roba, per poi approdare alle major. Non sono passato da essere un mezzo personaggio su Instagram a firmare un contratto da migliaia di euro: abbiamo sudato ogni granello di questo passaggio.

Ti ripeto: siamo qui per restare e per fare la differenza, ma per giocare sul lungo. Nessuno appende i fallimenti come alle pareti come i quadri. Tutti appendono il disco d'oro e i risultati importanti. Ma è proprio dai risultati peggiori della tua vita che impari le cose, quindi non mi sono mai ammalato di queste cose. Ma se parliamo di numeri e interazioni suoi social ti dico che sono migliorati nel tempo e sempre in aumento».



Una cosa che mi ha sempre colpito è che rispettato sia da artisti underground che da quelli mainstream: nella riedizione di "Clash" troviamo assieme artisti come Danno e Lazza. Non tutti possono permetterselo. Credi che questo, alla lunga, conterà più di avere la collezione di certificazioni? «Dipende su che scala di valori ti muovi» mi dice. Nel senso di un ipotetica storia del rap, quando si andrà a vedere chi era e cosa ha fatto Ensi durante la carriera, ribatto io. «Allora ha molta più influenza una mossa del genere. Ci sono tante cosa che fanno numeri molto importanti ma non sono influenti nel nostro ambiente.

Credo che sia più importante vedere il percorso di un artista e vedere cosa ha fatto in un periodo che però non si può ridurre in uno o due anni. Quindi mettere Danno e Lazza in una stessa traccia per me ha un valore e peso specifico enorme per me; in America ci sono fenomeni come Griselda, che su Spotify fanno numeri che non valgono un unghia del piede dell'ultimo trapper venuto da New Orleans, però firmano con Roc Nation, vanno al brunch con Jay-Z e la loro merda è influente».

Ensi ha collaborato con praticamente tutti i rapper migliori della scena, è campione di freestyle, ha il rispetto dei suoi colleghi: gli chiedo a questo punto se le uniche cose che mancano davvero nella sua carriera siano alcune certificazioni importanti.

«Vivo egregiamente, non sono né troppo in luce né troppo in ombra, mi dice. Per poi continuare: se domani chiudono Instagram io sono comunque Ensi. La vera sfida non è il disco d'oro ma rimanere nel tempo. [...]Oggi a livello musicale mi sento freschissimo. Se il fatto che non gioco a fare il ventenne mi deve rendere old school allora sono contento di esserlo. Ma ho 35 anni e se mi mettessi a giocare a fare il ventenne mi sentirei un coglione».


Parlando appunto di peculiarità, un'altra che mi viene in mente è che nel tuo ep troviamo in veste di producer due che si son fatti notare soprattutto per essere dei rapper che stanno al top del gioco: Lazza e Gemitaiz. Mi racconti come è avvenuta l'idea di usare delle loro produzioni?
Quando Lazza mi ha mandato il beat di "Non sei di qua" non potevo non utilizzarla, era veramente una bomba. Io da altri produttori affermati che lo fanno di mestiere non ho sentito robe del genere. Lo stesso Gemitaiz è uno che sceglie benissimo le basi anche per se stesso, è uno che ha gusto, come poi si è potuto vedere nel beat di "Specialist" .



Ringrazio Ensi per la proficua chiacchierata e noi di Esse vi invitiamo caldamente ad ascoltare "Oggi", un lavoro breve ma denso che di certo si farà notare per qualità e freschezza.




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Autore:
Nicolò Falchi
Autore, Copywriter, con un Master in "Storia e Comunicazione", membro della SISS. Attualmente a Barcellona.

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